Con la pronuncia in commento la Corte di cassazione stabilisce che, in tema di misure cautelari reali, non è appellabile dal pubblico ministero il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari se questi abbia omesso di pronunciarsi in ordine a uno dei beni oggetto della richiesta.
With the sentence in comment the Court of cassation establishes that in matter of precautionary measures royal, is not appealable from the public prosecutor the decree of preliminary seizure issued by the judge for the preliminary investigations, whether it failed to rule on any of the goods covered by the application.
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Il caso - La residualità dell’appello del pubblico ministero - L’omessa pronuncia sul petitum cautelare: i poteri di reazione magistrato requirente - NOTE
Il Tribunale di Cosenza ha dichiarato inammissibile l’appello promosso dal pubblico ministero nei confronti dei decreti di sequestro preventivo per difetto di competenza ad impugnare, ritenendo che l’art. 322-bis, comma 1, c.p.p. non preveda l’appellabilità del decreto di sequestro preventivo da parte del pubblico ministero, e non essendo possibile una interpretazione analogica, posto il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Il pubblico ministero ha proposto ricorso per Cassazione ex art. 606, comma 1, lett. b) e c) c.p.p., sostenendo la proponibilità dell’impugnazione ex art. 322-bis c.p.p., trattandosi di norma di chiusura del sistema impugnatorio cautelare reale, come tale applicabile a tutti i provvedimenti non impugnabili a norma del precedente art. 322 c.p.p.; diversamente, secondo l’organo d’accusa, egli rimarrebbe privo di poteri di reazione, con conseguente ingiustificata disparità di trattamento rispetto al caso in cui il giudice accogliesse solo parzialmente l’istanza di sequestro. Il Supremo Collegio ha rigettato il ricorso, confermando la statuizione di inammissibilità del tribunale, basandosi sulla circostanza che il decreto impugnato non rientra nell’elenco in cui all’art. 322-bis c.p.p., attesa la espressa possibilità di proporre appello solamente avverso le ordinanze in materia di sequestro preventivo, nonché verso il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero; del resto, la Corte poggia su un filone giurisprudenziale nei termini proposti, secondo cui sulla base del principio di tassatività non sono impugnabili […] né il decreto di sequestro preventivo disposto in via d’urgenza dal pubblico ministero, né l’ordinanza con la quale il giudice, a norma dell’art. 321, comma 3-bis, c.p.p., ne dispone la convalida [1]. Inoltre, la Corte ha escluso qualsiasi violazione del principio di parità delle parti nel procedimento cautelare, posto che, in ogni caso, «il pubblico ministero ha gli strumenti per reagire all’omessa statuizione, da parte del g.i.p., in ordine al richiesto sequestro di un bene, ben potendo egli stesso, nei casi di urgenza, disporre il sequestro preventivo ai sensi del comma 3-bis dell’art. 321 c.p.p., ovvero, in mancanza dell’urgenza, rivolgersi sul punto, nuovamente al [continua ..]
In premessa, appare opportuna una definizione di sintesi degli istituti coinvolti. L’appello [2] dei provvedimenti di sequestro preventivo è stato introdotto dal d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12 [3], per rimediare all’originaria lacuna legislativa che pregiudicava soggetti e situazioni non tutelati dal procedimento di riesame [4]. Il sequestro preventivo [5] prevede una estensione integrale del regime delle impugnazioni cautelari, essendo prevista, ex artt. 322 e 322-bis c.p.p. [6], la possibilità di ricorrere al Tribunale della libertà (e, quindi, alla Corte di cassazione) [7], sia contro i provvedimenti genetici di decreto di sequestro preventivo il riesame ex art. 322 c.p.p.), sia, fuori dei casi previsti dall’art. 322 c.p.p., avverso le ordinanze in materia, sia contro il decreto di revoca del sequestro (art. 322-bis c.p.p.). Il legislatore sembra, pertanto, aver ritagliato per l’appello un ambito applicativo più ampio rispetto a quello del riesame: oggetto del rimedio ex art. 322-bis c.p.p. sono infatti tutte le decisioni che, successivamente alla sua apposizione, modificano lo status del vincolo ablativo, ovvero negano l’applicazione del sequestro ab origine. Sicché, rispetto alla prospettiva accusatoria, la legittimazione attiva ex art. 322-bis c.p.p. si concretizza in particolar modo nel caso in cui il giudice procedente, su richiesta dell’interessato, revochi il sequestro preventivo, ovvero nell’ipotesi di rigetto genetico della domanda cautelare, atteso che l’organo inquirente non è – per l’appunto – depositario ex lege del potere di proporre riesame ex art. 322 c.p.p. Si è, pertanto, correttamente affermato che l’appello cautelare costituisce un rimedio marginale e residuale [8] rispetto al riesame (ricavabile dall’incipit della previsione, fuori dei casi previsti dall’articolo 322), esperibile – ai sensi del comma 1 della citata disposizione – contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo, nonché contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero. Peraltro, si reputa che con l’uso del termine ordinanze, in luogo della più completa distinzione tra [continua ..]
L’art. 321, comma 1, c.p.p. impone al giudice di rispondere de plano alla richiesta di applicazione del sequestro preventivo con decreto motivato [14]. Ciò anche in caso di rigetto, come si ricava dal combinato disposto di cui agli artt. 322 e 322-bis c.p.p.; in particolare, dalla seconda disposizione che, riconoscendo legittimazione ad appellare anche al pubblico ministero [15] e individuando il proprio oggetto in via residuale rispetto al precedente art. 322 c.p.p., fa chiaro riferimento ai decreti di rigetto: ossia quelli che il pubblico ministero potrebbe avere interesse [16] ad impugnare [17] e consegue che l’omessa pronuncia, in tutto o in parte, sulla richiesta di sequestro, incorre nella violazione dell’art. 321, comma 1, c.p.p. nella parte in cui richiede di motivare sulla richiesta. In tal senso depone anche l’art. 125, comma 3, c.p.p., che disciplinando gli atti del giudice in via generale, si applica anche alla materia cautelare, i cui provvedimenti, perciò, richiedono a pena di nullità la motivazione. Non sono esclusi i decreti, seppure nei casi in cui la motivazione sia espressamente prescritta dalla legge [18]. Ora, se l’ultima disposizione prevede la garanzia della motivazione funzionale al controllo contro i vizi degli atti cautelari la denuncia non può che passare attraverso l’impugnazione [19], da parte del pubblico ministero, del decreto di sequestro che ne difetti, ferma restando l’inoppugnabilità nella parte in cui dispone il sequestro dei beni. Per questi, dovrebbe applicarsi la disciplina del riesame ex art. 322 c.p.p. da parte dei soggetti tassativamente legittimati [20]. Sotto un profilo strettamente interpretativo, peraltro, è quasi doveroso equiparare la figura del decreto che ignora la richiesta di sequestro su determinati beni – di fatto negando parzialmente le ragioni del pubblico ministero – con quella del provvedimento (ordinanza) che respinge in toto la richiesta. In effetti, a rigore, il giudice che intenda aderire solo in parte alla domanda di sequestro preventivo emette un atto a contenuto binario (accoglimento e rigetto) i cui requisiti, stando alla sistematica in materia, sono rispettivamente sussumibili in un decreto e in un’ordinanza. Stando così le cose, il ragionamento della Corte incide negativamente sul principio di [continua ..]