CAUSA DI ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO E REATI DI COMPETENZA DEL GIUDICE DI PACE: L’ART. 131-BIS C.P. NON È APPLICABILE
(Cass., sez. un., 28 novembre 2017, n. 53683)
Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite hanno risposto al quesito attinente all’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., nei procedimenti relativi ai reati di competenza del giudice di pace, dando responso negativo.
Le stesse hanno così tentato di risolvere il contrasto giurisprudenziale consolidatosi sulla questione.
Invero, un primo indirizzo ha ritenuto l’articolo in parola non operabile nei procedimenti dinanzi al giudice di pace, in virtù del valore di norma speciale riconosciuto all’art. 34, d.lgs. n. 74 del 2000, il quale appunto conferisce una “finalità conciliativa” alla giurisdizione penale di quest’ultimo (Cass., sez. V, 28 novembre 2016, n. 54173; Cass., sez. V, 20 ottobre 2016, n. 55039; Cass., sez. V, 15 settembre 2016, n. 47518).
In particolare, alla base di tale orientamento vi è la constatazione della diversità degli elementi che caratterizzano le due fattispecie, quali, anzitutto, il limite di pena edittale, previsto solo per l’art. 131-bis c.p., ed il ruolo della persona offesa, a cui solo l’art. 34, d.lgs. n. 74 del 2000 attribuisce una ‘‘facoltà inibitoria”. Peraltro, mentre quest’ultimo richiede la valutazione di interessi individuali (grado di colpevolezza, occasionalità del fatto, nonché pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può arrecare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato) in conflitto con l’istanza punitiva, diversamente, l’art. 131-bis c.p., nei commi 2 e 3, prevede invece criteri diretti a delimitare la nozione di particolare tenuità del fatto e quella, di carattere ostativo, di “abitualità del comportamento”.
Ciò detto, tale giurisprudenza esclude la sussistenza, tra le due discipline, di un’incompatibilità tale da giustificare la tesi di un’abrogazione tacita, per opera del sopravvenuto art. 131-bis c.p., individuando piuttosto un rapporto di specialità ex art. 16 c.p., ossia con favore per la norma speciale di cui all’art. 34.
Viceversa, un secondo e più recente indirizzo, pur rilevando le medesime differenze tra i due istituti – già messe in luce dal precedente ed opposto filone giurisprudenziale –, nonché rinvenendo la presenza di un concorso apparente tra le due norme, da sciogliere sempre tramite il citato ricorso al principio di specialità, evidenzia l’irragionevolezza [continua..]