Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Il provvedimento che attua la Convenzione di Bruxelles del 2000: una lunga gestazione e un destino incerto (di Francesco Trapella)


L’Autore esamina i contenuti del d.lgs. 5 aprile 2017, n. 52, attuativo della Convenzione di Bruxelles sull’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati dell’Unione (29 maggio 2000), collocandolo nel percorso di integrazione europea, alla luce della cd. “comunitarizzazione del terzo pilastro”, e ponendolo a confronto con i più recenti atti unionisti in punto di cooperazione penale, in primis la direttiva 2014/41/UE sull’ordine europeo d’indagine, recepita in Italia dal d.lgs. 21 giugno 2017, n. 108.

The implementation of Bruxelles Convention (2000): a long gestation, an uncertain fate

The Author conducts a review of the legislative decree 5 April 2017, n. 52, which enforces the Bruxelles Convention on Mutual Assistence in Criminal Matters between the Member States of the European Union (29 May 2000). The Italian act is placed in the European integration and is compared with the most recent acts, directive 2014/41/UE on the European Investigation Order (transposed by italian legislative decree 21 June 2017, n. 108) in the first place.

UN PROVVEDIMENTO TARDIVO E UN PROBLEMA DI COORDINAMENTO Il d.lgs. 5 aprile 2017, n. 52, su delega della l. 21 luglio 2016, n. 149, ha attuato la Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati dell’Unione europea, siglata a Bruxelles il 29 maggio 2000 [1]. Lo studio del provvedimento impone anzitutto di collocarlo tra le vigenti norme sui rapporti giurisdizionali con autorità straniere: è preliminare, allora, riferirlo all’art. 696 c.p.p. Tale ultimo disposto impone, per le materie del libro XI, la prevalenza del diritto internazionale generale [2] e delle convenzioni: fino all’entrata in vigore del d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149, tra esse era nominata quella europea di assistenza giudiziaria, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959. Non v’era motivo di ritenerla un’indicazione restrittiva [3], insuscettibile, cioè, di applicarsi ad altri accordi in materia, come, appunto, la Convenzione di Bruxelles del 2000; tanto derivava dalla formula aperta impiegata dal legislatore – «… e dalle altre norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato» [4] – e dalla finalità espressa dall’art. 1, lett. a) della Convenzione del 2000, che «complet[a] le disposizioni e facilit[a] l’applicazione tra gli Stati membri dell’Unione europea della convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959». I due accordi, a più di quarant’anni di distanza, valgono l’uno come la prosecuzione dell’altro [5]. Più precisamente, quello di Bruxelles si prefigge l’obiettivo di implementare l’acquis sull’assistenza giudiziaria tra Paesi europei quale risulta, oltre che dalla Convenzione del 1959 e dal suo protocollo aggiuntivo del 17 marzo 1978, dall’altra, del 19 giugno 1990, che applica gli accordi di Schengen del 14 giugno 1985, e dal Capo II del Trattato di estradizione tra Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo come modificato l’11 maggio 1974 [6]. Queste fonti sono in elenco all’art. 1 della Convenzione di Bruxelles. Risalendo al 2000, essa non può certo richiamare le decisioni-quadro 2002/584/GAI sul mandato d’arresto europeo, 2008/978/GAI sul mandato di ricerca della prova o – sempre a titolo di esempio – 2009/829/GAI sul reciproco riconoscimento delle decisioni alternative alla detenzione cautelare. Ancor meno, possono essere menzionati atti successivi alla cd. “comunitarizzazione del terzo pilastro” [7], quali le direttive 2011/99/UE sull’ordine di protezione europeo o 2014/41/UE sull’ordine europeo d’indagine. Da quanto sin qui considerato deriva un duplice dato: – l’Italia ha attuato dopo diciassette anni un provvedimento che governa materie sulle quali incidono pure più [continua..]

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