Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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De jure condendo (di Gioia Sambuco)


MOTIVAZIONE PER IL DECRETO CHE DISPONE IL GIUDIZIO È attualmente all’esame della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati il progetto di legge C. 4580 d’iniziativa dell’on. Di Lello, rubricato «Modifiche agli articoli 424 e 429 del codice di procedura penale, in materia di motivazione nel giudizio dell’udienza preliminare». Consta di due soli articoli; in particolare, l’art. 1 dispone: «1. All’articolo 424 del codice di procedura penale è aggiunto, infine, il seguente comma: 4-bis. Quando il giudice emette il decreto che dispone il giudizio, il provvedimento deve essere motivato». L’iniziativa si prefigge dunque lo scopo di estendere al decreto che dispone il giudizio la disciplina della motivazione, che si estrinseca, di fatto, nella enucleazione del ragionamento logico e giuridico che ha guidato il giudice verso la decisione adottata. Le ragioni sottese alla proposta normativa – come si evince dalla Relazione illustrativa – risiederebbero nell’art. 111, comma 7, Cost., che, come è noto, sancisce che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati al fine precipuo di consentire un controllo sia endoprocessuale, sia all’esterno del processo sull’esattezza e sulla legittimità di tutte le decisioni adottate. Infatti, la motivazione è strettamente funzionale allo svolgimento tecnico del processo che necessita, inevitabilmente, della giustificazione della decisione per rendere possibile l’impugna­zione, ossia un eventuale successivo controllo in seconda istanza. Seppur sia indubbio che la motivazione del provvedimento contribuisce a rendere effettiva la garanzia del diritto di difesa, la proposta in esame non pare in linea con i principi cardine sottesi all’attuale “architettura” del rito penale. Se è vero che la motivazione è funzionale a consentire un controllo sulla correttezza della decisione, esprimendo la manifestazione del convincimento del giudice e altresì sottendendo il procedimento di formazione del convincimento medesimo, non potrebbe essere posta a fondamento del decreto che dispone il giudizio in ragione tanto delle peculiarità della fase dell’udienza preliminare, quanto dei connessi poteri funzionalmente attribuiti al g.u.p., di natura meramente ordinatoria con impulso alla successiva fase dibattimentale. Ad ogni buon conto, il d.d.l., comunque doverosamente intendendo raccordarsi con quanto attualmente previsto sub art. 429 c.p.p., prospetta altresì l’interpolazione anche di quest’ultimo disposto normativo; in particolare, l’art. 2 del d.d.l. propone le seguenti modificazioni: a) al comma 1, lett. c): 1) le parole: «l’enunciazione» sono sostituite dalle seguenti: «la motivazione»; 2) dopo le parole: «del fatto,» sono inserite le seguenti: [continua..]

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Fascicolo 2 - 2018