Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Analisi del “Report on Eurojust´s casework in the field of the European Investigation Order” (di Giacomina Esposito, Dottore in giurisprudenza)


Il contributo propone un’analisi del Report di Eurojust di novembre 2020 avente ad oggetto le problematiche di applicazione dell’ordine europeo d’indagine dalla data del termine di recepimento della direttiva 2014/41/Ue (maggio 2017) fino al 2019. L’analisi sarà proposta tenendo fede alla struttura del Report, con delle personali riflessioni finali sull’efficacia del principio del mutuo riconoscimento e sulle questioni ancora aperte concernenti l’innovativo strumento europeo.

Analysis of “Report on Eurojust’s casework in the field of the European Investigation Order”

The paper proposes an analysis of the Eurojust Report of November 2020 concerning the problems of application of the European Investigation Order from the date of transposition of Directive 2014/41/EU (May 2017) until 2019. The analysis will be proposed by keeping with the structure of the Report, with personal final reflections on the principle of mutual recognition and on the questions still open regarding the innovative European instrument.

SOMMARIO:

1. Premessa e contesto - 2. La struttura del Report - 3. Le difficoltà operative incontrate dagli Stati nell’utilizzo dell’OEI - 3.2. Problemi di comunicazione tra Stati - 3.3. Individuazione dell’ambito di applicazione dell’OEI - 3.4. Incompletezza degli OEI - 4. Individuazione delle misure investigative specifiche - 5. Difficoltà di Trasmissione degli OEI - 6. Uso successivo delle prove raccolte - 7. Motivi di non esecuzione - 8. I 5 temi operativi aperti presso Eurojust - 9. Il ruolo delle riunioni di coordinamento - 10. Conclusioni del Report e raccomandazioni - 11. Considerazioni finali - NOTE


1. Premessa e contesto

Il “Report on Eurojust’s casework in the field of the European Investigation Order” è stato pubblicato a novembre 2020 ed ha ad oggetto un’analisi concernente l’utilizzo dell’ordine europeo d’indagine da parte dei Paesi membri, registrato presso Eurojust tra maggio 2017 e maggio 2019 [1]. Il segmento temporale (2017-2019) è significativo dell’inizio della concreta operatività dello strumento, introdotto nell’area giudiziaria europea con la direttiva 2014/41/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, il cui termine di recepimento da parte degli Stati membri è stato fissato il 22 maggio 2017. Il fine perseguito dalla Direttiva è da individuarsi nell’esigenza di restituire coerenza al quadro normativo in materia di raccolta ed acquisizione della prova [2], attuando un unico strumento investigativo valido per qualsiasi tipo di prova in virtù della sua onnicomprensività [3]. Nonostante la Direttiva sia fondata sul principio del reciproco riconoscimento [4] e contenga una disciplina celere, semplice e diretta, numerose sono state le difficoltà operative incontrate dagli Stati nell’utilizzo dello strumento europeo. Invero, il Report identifica le questioni più rilevanti affrontate dai Paesi membri e sottoposte ad Eurojust, il cui intervento è stato fondamentale per facilitare la cooperazione e garantire il coordinamento delle azioni.


2. La struttura del Report

Il Report è composto da quattro parti: Introduction (I); Facilitation (II); Coordination (III); Conclusions and Recommendations (IV). La struttura rispecchia la necessità di affrontare le questioni in modo chiaro e preciso, al fine di rendere più semplice l’utilizzo dell’OEI e, conseguentemente, più efficiente la cooperazione giudiziaria. Nella prima parte, riservata all’introduzione della relazione, si individuano sommariamente le problematiche oggetto della trattazione e si sottolinea che il contributo deriva: dall’estrapolazione delle rilevanti questioni sollevate nei 1529 casi trattati da 24 National Desk di Eurojust; dai risultati di 5 temi operativi aperti all’Eurojust in relazione ad aspetti specifici dello strumento europeo. Nella seconda parte si analizzano le difficoltà operative sollevate dagli Stati e si evidenzia il ruolo di sostegno e di coordinamento svolto da Eurojust, nel rispetto dell’art. 2, paragrafo 2, lettera b), del regolamento Eurojust secondo cui “Eurojust facilita l’esecuzione delle richieste e delle decisioni relative alla cooperazione giudiziaria, comprese le richieste e le decisioni basate su strumenti che danno attuazione al principio di mutuo riconoscimento” [5]. È bene evidenziare come ogni argomento viene trattato facendo riferimento a casi concreti, dai quali si estrapola la difficoltà operativa ed il ruolo di Eurojust. Nella terza parte si evidenzia la funzionalità delle riunioni di coordinamento (coordination meetings) indette da Eurojust in relazione alle diverse fasi dell’OEI. Nella quarta, ed ultima, parte si selezionano 10 questioni più rilevanti con l’indicazione di raccomandazioni e consigli pratici per gli Stati.


3. Le difficoltà operative incontrate dagli Stati nell’utilizzo dell’OEI

3.1. Il ricorso ad Eurojust prima dell’emissione dell’OEI Numerosi sono i casi attenzionati nel Report ove gli Stati membri hanno fatto ricorso ad Eurojust per problematiche sorte prima ancora di emettere l’OEI. Sotto il punto di vista procedurale, sono stati sollevati dubbi circa: la necessità o meno di emettere ordini aggiuntivi per richieste minori collegati all’OEI precedentemente emesso (ad esempio per un controllo su un numero di telefono aggiuntivo); l’opportunità di utilizzare un unico OEI condizionale o suddividerlo in più ordini, quando l’esecuzione di una misura investigativa dipende dall’esito di una misura precedentemente eseguita [6]. Tali difficoltà dipendono dalle notevoli differenze normative ed operative sussistenti tra gli Stati membri, che rendono impossibile la determinazione di regole generali e, di conseguenza, necessario il lavoro di coordinamento di Eurojust. Invero, nel Report è evidenziato che: per la problematica degli OEI aggiuntivi, in alcuni casi è stato richiesto un ordine aggiuntivo, mentre in altri è risultato sufficiente l’invio delle richieste tramite posta elettronica; per gli OEI condizionali, alcune volte è stato chiesto di emettere diversi ordini in modo cronologico successivo, altre volte tutte le misure investigative sono state incluse in un unico OEI. È stata, poi, sollevata la questione circa la convenienza di emettere più OEI separati per evitare che le informazioni venissero divulgate ai sospettati, con il rischio di pregiudicare l’esecuzione di altre misure. Si riscontra anche in questo caso la difficoltà di fornire una risposta generale, dal momento che in alcuni Stati il soggetto destinatario dell’OEI ha il diritto di ricevere i documenti giustificativi che sono alla base dell’ordine, con il rischio più alto di contaminazione dell’attività investigativa, mentre in altri Paesi ciò non è previsto. Eurojust ha prospettato diverse soluzioni: o l’autorità di emissione indica espressamente la riservatezza di alcuni requisiti dell’atto di indagine, con la comunicazione da parte dello Stato di esecuzione di ottemperare a tale richiesta; o lo stato di esecuzione divulghi una mera nota informativa all’indagato. Le maggiori difficoltà si sono presentate sul piano comunicativo /informativo. Gli stati di [continua ..]


3.2. Problemi di comunicazione tra Stati

I problemi comunicativi tra Stati non si esauriscono alla fase precedente all’emissione, come su evidenziato, ma si protraggono fino al momento dell’esecuzione. Nella maggior parte dei casi affrontati nel Report le incomprensioni sono sorte a causa di problemi linguistici. È bene ribadire che l’art. 5, paragrafo 2 e 3, della Direttiva OEI stabilisce che: «ciascuno Stato membro indica la lingua o le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione che possono essere usate, in aggiunta alla lingua o alle lingue ufficiali dello Stato membro interessato, per completare o tradurre l’OEI quando detto Stato membro è lo Stato di esecuzione. L’autorità competente dello Stato di emissione traduce l’OEI di cui all’allegato A in una delle lingue ufficiali dello Stato di esecuzione o in una qualsiasi altra lingua indicata dallo Stato di esecuzione a norma del paragrafo 2 del presente articolo». Da ciò si deduce che: lo Stato membro di esecuzione può rifiutare di eseguire l’OEI fin quando non ha ricevuto la versione tradotta nella lingua indicata; lo Stato di emissione deve inoltrare allo Stato di esecuzione sia l’OEI in lingua originale, che la versione tradotta. Nonostante la chiarezza della norma, Eurojust ha rilevato numerose cattive pratiche che hanno rallentato, se non ostacolato, l’esecuzione dell’ordine d’indagine ed hanno richiesto l’intervento dell’organismo europeo. In molti casi, poi, Eurojust ha dovuto chiarire dubbi dovuti a traduzioni scadenti, incomplete e poco chiare, concernenti elementi fondamentali dell’OEI, quali la misura investigativa richiesta o i reati oggetto d’indagine [9]. Alle incomprensioni linguistiche, superabili facilmente in quanto strettamente operative, si affiancano problemi comunicativi causati, ad avviso di chi scrive, da una mancata volontà di cooperare da parte degli Stati, non sempre risolvibili neanche con l’intervento di Eurojust. Difatti, nel Report si fa riferimento: a casi in cui lo Stato membro di esecuzione non abbia dato riscontro allo Stato di emissione della corretta recezione dell’OEI, non inviando il modulo dell’allegato B denominato “conferma della recezione dell’OEI” [10], né l’autorità competente abbia risposto ad e-mail e telefonate; a casi in cui lo Stato di esecuzione si sia rifiutato di [continua ..]


3.3. Individuazione dell’ambito di applicazione dell’OEI

Nonostante l’intento della Direttiva 2014/41/UE di ricomporre un quadro giuridico frammentario, l’art. 34 [11] – rubricato “relazioni con altri strumenti giuridici, accordi e intese” – non individua chiaramente il campo di applicazione dell’OEI, in particolare pone problematiche interpretative il termine “corrispondenti disposizioni” [12] riferito alle Convenzioni previgenti in materia di cooperazione. La mancata individuazione delle attività rispetto alle quali la cooperazione tra gli Stati membri aderenti non è più regolata da precedenti strumenti e convenzioni, ma dalle disposizioni della Direttiva, ha obbligato gli Stati a rivolgersi ad Eurojust [13]. Le maggiori difficoltà operative hanno riguardato: il mandato di arresto europeo; i provvedimenti di blocco o di sequestro probatorio e di confisca; le squadre investigative comuni; le osservazioni transfrontaliere; le richieste di assistenza giudiziaria Convenzione 29 maggio 2000. Quanto al mandato di arresto europeo, il considerando 25 della Direttiva chiarisce che l’utilizzo del MAE è circoscritto al trasferimento di una persona in un altro Stato membro ai fini di un procedimento penale, mentre l’OEI è utilizzabile per il compimento di atti di indagini. Nonostante la chiarezza a livello teorico, gli Stati hanno avuto difficoltà a distinguere sul piano pratico e concreto quale strumento fosse più adatto, ricorrendo spesso ad Eurojust [14]. Problematiche sono state affrontate anche per l’esecuzione simultanea di entrambi gli strumenti ed è stata necessaria l’attività di coordinamento di Eurojust, stante la pianificazione corretta e precisa richiesta per la tempestiva esecuzione degli strumenti. Rispetto ai provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, l’art. 34 della Direttiva dispone che «la decisione quadro 2003/577/GAI è sostituita per gli Stati membri vincolati dalla presente Direttiva per quanto riguarda il sequestro probatorio», mentre il considerando 34 indirettamente riconosce l’operatività della DQ. ai soli fini della confisca del bene. È bene notare come la stessa Direttiva riconosce che «la distinzione tra i due obiettivi dei provvedimenti provvisori non è sempre ovvia e l’obiettivo di tali provvedimenti può cambiare nel corso [continua ..]


3.4. Incompletezza degli OEI

La direttiva 2014/41/UE si caratterizza per aver predisposto dei moduli standard [16] che gli Stati devono utilizzare per l’emissione e l’esecuzione della misura, al fine di non incorrere in problematiche di incompletezza e poca chiarezza nell’utilizzo dello strumento. Ciò nonostante, il Report individua molteplici casi in cui Eurojust ha dovuto chiarire questioni relative al contenuto dell’OEI stante l’incompletezza delle descrizioni del fatto penalmente rilevante e dell’attività investigativa da eseguire, elementi richiesti espressamente dall’art. 5 della Direttiva. La mancata precisione nella descrizione del fatto commesso dall’indagato, così come la mancata o approssimativa compilazione dell’allegato G [17] del modulo OEI, hanno influito negativamente sull’esatta qualificazione giuridica del reato da parte dell’autorità di esecuzione [18]. L’intervento di Eurojust è stato fondamentale per dare completezza e chiarezza agli OEI, grazie alle maggiori informazioni ottenute dall’autorità di emissione [19]. Ancor più limitante per l’esatta esecuzione dell’OEI è stata la manchevolezza nella descrizione delle misure investigative richieste. Negli ordini relativi all’audizione di una persona: o l’indirizzo in cui si trovava non era specificato in modo sufficiente per rintracciarla; o non era chiarito se la persona dovesse essere ascoltata come testimone o come sospettata, la cui differenza in alcuni Stati incide sul riconoscimento di determinati diritti ed obblighi. Negli OEI concernenti il sequestro si sono riscontrati errori nel numero di conto bancario o informazioni mancati sulla merce da sequestrare. Negli OEI di richieste di dati di geo localizzazione, a volte, mancavano le informazioni sul luogo ove si prevedeva la raccolta dei dati. Negli OEI relativi alle perquisizioni domiciliari non era stato chiarito il legame tra i sospettati ed i luoghi da perquisire, o gli indirizzi non erano stati segnati correttamente. Negli Ordini riguardanti le intercettazioni telefoniche non era stato dimostrato il legame tra il numero di telefono e gli atti criminali, la necessità della misura e la sua durata. In tutti questi casi, ed in molti altri non menzionati, l’intervento di Eurojust ha consentito di correggere gli errori o di completare le informazioni mancanti al [continua ..]


4. Individuazione delle misure investigative specifiche

La definizione dell’OEI come «decisione giudiziaria […] per compiere uno o più atti di indagine specifici in un altro Stato membro ai fini di acquisire prove» [24], testimonia la volontà di ricomprendere al suo interno sia attività di carattere ‘esplorativo’, quali perquisizioni finalizzate al sequestro ovvero operazioni sotto copertura; sia atti di acquisizione di prove, anche già in possesso delle autorità dello Sato di esecuzione, come testimonianze o trasmissioni di documenti; sia attività per ottenere dati in tempo reale, ivi comprese le intercettazioni di comunicazioni. A livello pratico, tale onnicomprensività è stata limitata dalle differenti discipline nazionali, soprattutto con riguardo: al trasferimento temporaneo nello Stato di emissione delle persone detenute ai fini dell’esecuzione dell’atto di indagine; all’ audizione in videoconferenza; alle intercettazioni di comunicazioni. Ciò ha comportato numerose problematiche che sono state sollevate presso Eurojust. Per quanto riguarda i cd. trasferimenti temporanei [25], le questioni più frequenti riguardano sia l’uso dello strumento giuridico corretto tra l’OEI ed il MAE (questione trattata nei paragrafi precedenti), sia la base giuridica per la privazione della libertà nello Stato membro di emissione. Su questo secondo punto, alcuni Stati hanno ritenuto che l’OEI non fosse una base giuridica sufficiente, tanto che Eurojust ha suggerito, come migliore prassi, che l’autorità di esecuzione chieda una garanzia che la persona sia effettivamente tenuta in custodia durante il trasferimento temporaneo. Con riferimento all’audizione tramite videoconferenza [26], è stata richiesta l’assistenza di Eurojust per facilitare la creazione, il coordinamento o la fornitura di informazioni generali e specifiche. Le prime difficoltà affrontante riguardano il piano pratico e tecnico, quali: mancanza di indicazione tecniche (tipo di connessione, credenziali di accesso alla videoconferenza prevista); necessità di un supporto linguistico ai tecnici per comunicare tra loro; mancanza dell’indicazione del luogo ove si sarebbe dovuta tenere la videoconferenza; cambio frequente della data dell’audizione; difficoltà di coordinazione per l’audizione di diversi testimoni da tenersi in luoghi [continua ..]


5. Difficoltà di Trasmissione degli OEI

Le modalità di trasmissione dell’OEI sono disciplinate dall’art. 7 della Direttiva che, pur apparendo chiaro e preciso, pone difficoltà operative nell’identificazione della cd. “autorità di esecuzione competente” a cui deve essere trasmesso l’ordine d’indagine. Le difficoltà spesso derivano da OEI incompleti circa le informazioni necessarie per determinare quale sia l’autorità competente, quali: l’ubicazione esatta del sospettato; il luogo dell’azione procedurale; il luogo in cui è stato commesso il reato. Le informazioni, inoltre, non sempre sono trasmesse con il canale OEI ma con altri canali, il che determina confusione siccome può capitare che l’autorità di polizia venga a conoscenza delle informazioni prima ancora che sia giunta all’autorità di esecuzione una richiesta di cooperazione. Le maggiori problematiche si riscontrano, poi, quando le richieste sono molteplici e devono essere eseguite da diverse autorità [31]. Eurojust ha fornito supporto in questi casi ed ha risolto le problematiche attraverso un dialogo continuo con gli Stati, evitando che l’OEI fosse trasmesso all’autorità sbagliata e questo rimanesse ineseguito. In virtù di quest’ultima problematica, si è sollevata un’inadempienza degli Stati nel trasmettere l’OEI dall’autorità nazionale errata a quella corretta, in contrasto con l’art. 7, paragrafo 6, della Direttiva. Inoltre, si è suggerito di non utilizzare SIENA come canale di trasmissione dell’OEI, a meno che non sia realmente necessario.


6. Uso successivo delle prove raccolte

Nella Direttiva OEI non si ha un riferimento all’operatività o meno del principio di specialità delle prove raccolte. Ciò ha comportato che gli Stati, sia di emissione che di esecuzione, sollevassero presso Eurojust dubbi circa l’utilizzabilità delle prove raccolte tramite OEI per altri scopi investigativi. Si è osservato che alcuni Paesi richiedono di essere informati se le prove raccolte tramite OEI vengano utilizzate per altri scopi, al fine di emettere la necessaria autorizzazione; mentre altri Paesi non ritengono di dover essere informati su un eventuale utilizzo diverso. Eurojust ha supportato le autorità interessate nell’ottenere l’autorizzazione dall’altra autorità, al fine di garantire l’ammissibilità delle prove nella fase del processo [32], anche laddove il consenso non era necessario.


7. Motivi di non esecuzione

Al riconoscimento o esecuzione dell’OEI può essere opposto un rifiuto nelle ipotesi tassativamente individuate dall’art. 11 della Direttiva, al di fuori delle quali, salve le disposizioni specifiche contenute nei singoli atti d’indagine, non dovrebbe essere consentito respingere l’istanza di cooperazione. Nonostante la chiara classificazione della Direttiva, gli Stati hanno sollevato presso Eurojust discussioni sui motivi di non riconoscimento, sia prima che fosse presa qualsiasi decisione sull’esecuzione, sia nel caso in cui l’autorità di esecuzione si fosse già espressa negativamente. Oggetto di dubbi applicativi è stato il motivo di rifiuto ex art. 11 paragrafo 1 lett. g), secondo cui l’OEI può essere rifiutato se ha ad oggetto una condotta che non integra una fattispecie penalistica nell’ordinamento dello Stato di esecuzione, ma solo qualora il reato non sia incluso nell’elenco di cui l’allegato D, Direttiva OEI, contenente 32 reati per i quali non si prevede il controllo della “doppia incriminabilità”. Le difficoltà sono sorte in quanto gli OEI erano tradotti male o erano redatti in modo impreciso, tale da creare dubbi sulla sussunzione della condotta in uno dei 32 reati iscritti nell’Allegato D e dunque sulla possibilità di esperire il motivo di rifiuto [33]. Sempre con riferimento all’Allegato D sono state sollevate questioni laddove il reato oggetto dell’OEI richiedeva nello Stato di esecuzione un reato presupposto e questo, non compreso nella lista, non aveva superato la valutazione della doppia incriminabilità [34]. Eurojust ha evitato il rifiuto dell’OEI sia richiedendo maggiori dettagli sul reato agli Stati di emissione, sia chiarendo in quali circostanze la doppia incriminabilità può essere invocata come motivo di rifiuto. In particolare, Eurojust ha dovuto sottolineare che alcune misure investigative “privilegiate”, indicate dall’art. 10 paragrafo 2 della Direttiva, non possono essere rifiutate per il motivo della doppia incriminabilità e devono essere sempre disponibili [35]. Questioni sono state sollevate circa l’applicazione del principio del ne bis in idem, risolte grazie a riunioni di coordinamento indette da Eurojust [36]. Anche il motivo di rifiuto collegato all’immunità o a privilegi di cui sono [continua ..]


8. I 5 temi operativi aperti presso Eurojust

Fin ora è stato messo in risalto il ruolo di Eurojust nel facilitare la cooperazione tra gli Stati attraverso il coordinamento delle attività, rallentate a cause di difficoltà operative. È bene evidenziare che la funzione di Eurojust non si esaurisce in tal modo: esso diviene anche il centro di attività di confronto tra gli Stati stessi, che possono aprire “temi operativi” [39] per raccogliere informazioni e consigli utili per superare le eventuali questioni pratiche. I temi operativi descritti nel Report riguardano: le condizioni per l’emissione di un ordine europeo d’indagine; la trasmissione digitale degli OEI; le operazioni di infiltrazione; l’operatività dell’Allegato C concernente le intercettazioni senza assistenza tecnica; la richiesta di videoconferenza durante i processi e i procedimenti d’appello. Un rilevante tema operativo è stato aperto dal National Desk irlandese nel 2018 con riguardo all’art. 6, paragrafo 1, lett. b), DIR OEI, che, pur se definisce una condizione di emissione dell’OEI, difetta in chiarezza e completezza. La disposizione, laddove richiede “le stesse condizioni in un caso interno analogo”, ha posto l’in­ter­rogativo se le autorità giudiziarie emittenti debbano avere il potere di ordinare la stessa misura investigativa a livello nazionale. Alcuni Stati membri hanno risposto in modo affermativo, aggiungendo che era necessaria anche una convalida o ratifica da parte del procuratore responsabile del caso; altre rappresentanze nazionali hanno ritenuto che la disposizione non riguardi i poteri interni dell’autorità nazionale, né la sua natura [40]. È stato poi chiesto se le legislazioni nazionali degli Stasi membri distinguano quale autorità giudiziaria nazionale possa emettere l’OEI [41] per le misure investigative specifiche, di cui la Sezione C dell’Allegato A, e se l’eventuale distinzione rifletta i poteri nazionali di emanazione della misura. Sul punto non vi è stata una risposta univoca: in alcune legislazioni statili non si fa alcuna distinzione specifica in relazione alla misura investigativa; in altre, invece, la competenza dell’autorità giudiziaria dipende dalla misura investigativa e dalla fase del procedimento penale in cui ci si trova. Tale distinzione non rispecchia sempre i poteri [continua ..]


9. Il ruolo delle riunioni di coordinamento

Eurojust ha coordinato l’esecuzione degli OEI non solo in un contesto bilaterale, sopra esposto, ma spesso in un contesto transfrontaliero con il coinvolgimento di più Stati membri e/o di Paesi terzi, attraverso riunioni di coordinamento [43] e centri di coordinamento [44]. Nella parte III del Report si menzionano le molteplici questioni oggetto delle riunioni coordinamento relative alle diverse fasi dell’OEI: fase di emissione; fase di esecuzione; momento dell’azione e follow– up. In relazione alla fase di emissione, le riunioni sono state utili: per fornire informazioni sullo stato di avanzamento delle indagini negli Stati membri coinvolti; nel discutere il contenuto degli OEI ed intervenire in tempo in caso di incompletezza; per discutere sul vantaggio di emettere un OEI o costituire una SIC; per valutare la necessità di mantenere le informazioni dell’OEI riservate. Rispetto alla fase di esecuzione, il confronto durante le riunioni: ha chiarito questioni pratiche e legali che potevano ostacolare l’esecuzione; ha garantito la simultanea esecuzione di specifiche misure investigative in diversi Paesi, attraverso diversi strumenti di mutuo riconoscimento [45]. Interessanti questioni sono state, poi, affrontate durante le riunioni aventi ad oggetto il momento dell’azione e del follow– up, tra cui: i problemi pratici che derivano quando le prove disponibili nello Stato di esecuzione sono rilevanti per più di uno stato membro di emissione [46]; difficoltà nel raggiungere accordi sulla giurisdizione, quando un reato coinvolga più Stati membri [47].


10. Conclusioni del Report e raccomandazioni

Il Report si conclude con l’identificazione delle questioni più rilevanti e con delle raccomandazioni da seguire per facilitare la cooperazione tra gli Stati. In primis, si evidenzia una poca chiarezza della Direttiva sia per quanto riguarda la portata dello strumento, sia con riferimento all’individuazione dei motivi di rifiuto. Quanto al primo caso, si raccomanda una specificazione del termine “disposizioni corrispondenti”, ex art. 34 DIR OEI, con l’in­di­ca­zio­ne delle disposizioni sostituite dalla Direttiva al fine di non creare dubbi su quale strumento cooperativo utilizzare in ogni caso concreto. Quanto ai motivi di rifiuto, si propende per un’inter­pre­ta­zione unica, corretta e restrittiva. Si sottolinea, poi, come l’esistenza di moduli standard non si sia dimostrata efficace in quanto gli Allegati A, B e C non sono sempre utilizzati o vengono mal compilati, esortando la previsione di linee guida per la loro compilazione. Si evidenzia un deficit nel contatto diretto tra le autorità di emissione e di esecuzione e lo si sollecita al fine di facilitare lo scambio di informazioni, la risoluzione di problemi linguistici e l’individuazione delle autorità competenti a cui inviare l’OEI. La causa delle molteplici difficoltà, fin ora esposte, viene individuata nelle differenze tra le leggi nazionali, che continuano ad esistere nonostante lo strumento attui il principio del mutuo riconoscimento. Da un lato si raccomanda agli Stati di interpretare la Direttiva secondo il diritto comune dell’UE e tralasciare le interpretazioni formalistiche; dall’altro, si suggerisce all’UE di chiarire la portata ed il significato dei concetti fondamentali e delle disposizioni che maggiormente causano problemi applicativi.


11. Considerazioni finali

La disamina compiuta ha messo in luce la crisi del principio del mutuo riconoscimento, pietra miliare della Direttiva OEI. Bisogna chiedersi se ciò dipende da una poca chiarezza della direttiva 2014/41/UE o da una costante scarsa fiducia tra gli Stati. La Direttiva non eccelle per trasparenza in quanto lascia molti termini e procedure all’inter­pre­ta­zio­ne statuale, come ampiamente illustrato dal Report, causando vulnus che gli Stati hanno colmato facendo ricorso alle proprie legislazioni nazionali, anziché al diritto dell’UE, rallentando i processi di coordinamento. Ciò denota che gli Stati, invece di puntare sui vincoli di affinità dettati dall’appartenenza alla Comunità Europea, hanno preferito restare fedeli alle proprie tradizioni culturali e normative e tutelare la propria sovranità. Sintomatico di ciò è la raccomandazione di Eurojust di corredare l’OEI di un “catalogo dei diritti” vigenti nello Stato di emissione per evitare rifiuti o difficoltà di esecuzione, nonostante tutti i Paesi siano vincolati alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Una tale chiusura ad una cooperazione giudiziaria fondata sulla fiducia e sul riconoscimento reciproco è stata aggravata da una scarsa, se non inesistente, comunicazione diretta tra le autorità giudiziarie, per cui è stato necessario l’intervento di Eurojust. V’è da chiedersi, dunque, la valenza del principio del mutuo riconoscimento, dal momento che non sembra superata quella frammentarietà e precarietà della cooperazione giudiziaria che si denunciava prima dell’introduzione della Direttiva in esame, piuttosto sembra che le richieste di assistenza giudiziaria con la Danimarca e l’Irlanda, non regolate da tale principio né dalla Direttiva OEI, siano più celeri e meno macchinose.


NOTE