Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Sulla revisione delle sentenze di proscioglimento per prescrizione che condannano al risarcimento del danno (di Natalia Rombi)


Per lungo tempo la giurisprudenza si è divisa sulla possibilità di ammettere la revisione delle sentenze di proscioglimento per prescrizione con condanna alle statuizioni civili. Recentemente le Sezioni Unite hanno aderito all’o­rien­ta­mento minoritario, ammettendo la revisione di tali sentenze. Tale pronuncia offre l’occasione per soffermarsi sui limiti oggettivi del rimedio straordinario e sull’opportunità di superare l’opposto e maggioritario orientamento giurisprudenziale.

The review of the penal judgements which declares the extinction of crime with condemnation to compensation for the damages

For a long time the case law has been divided regarding the possibility to allow the review of the penal judgment which declares the extinction of crime with condemnation to compensationfor the damages. Recently, the United Chambers of the Court of Cassation have joined the minority orientation by admitting the review of these judgments. This pronunciation offers an opportunity to focus on the objective limits of the institute of the review of a penal judgement and on the convenience of overcoming the majority case-law orientation.

SOMMARIO:

L’oggetto della pronuncia - Gli argomenti delle Sezioni Unite - Considerazioni - NOTE


L’oggetto della pronuncia

La pronuncia delle Sezioni Unite offre l’occasione per riflettere sulla possibilità di sottoporre a revisione la sentenza di proscioglimento che, nel dichiarare il reato estinto, confermi le statuizioni civili. La questione involge il più ampio tema dei cd. limiti oggettivi del rimedio straordinario. Posto che l’art. 629 c.p.p. nell’individuare i provvedimenti passibili di revisione, fa riferimento alle sentenze, comprese quelle emesse ai sensi dell’art. 444 c.p.p. [1],e ai decreti penalidi condanna, si è sempre ritenuto che tale rimedio non potesse essere esperito nei confronti delle ordinanze, da qualunque giudice emesse, e delle sentenze di non luogo a procedere e di proscioglimento, ivi comprese quelle applicative di amnistia [2]. Sennonché qualche dubbio si era posto – soprattutto in dottrina [3] – in ordine allepronunce che, pur avendo un contenuto formalmente liberatorio, recasseroconseguenze negative per il prosciolto. Ci si riferisce, in particolare, a quelle decisioni che, sottintendendo un accertamento della responsabilità, applicano il perdono giudiziale, una misura di sicurezza o, come nel caso in esame, condannano l’imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Riguardo a questa ultima categoria di pronunce esisteva in giurisprudenza un contrasto interpretativo. L’orientamento maggioritario riteneva che la revisione potesse avere ad oggetto solo le sentenze di condanna agli effetti penali [4]. A fondamento di tale lettura veniva invocato, ora il principio di tassatività, che domina la materia delle impugnazioni e trova il suo campo elettivo di applicazione nei rimedi straordinari, ora una serie di argomenti legati alla littera legis, quali il fatto che l’art. 632, comma 1, lett. a) c.p.p. annoveri tra i soggetti legittimati a richiedere la revisione il “condannato”, e il fatto che la revisione sia rimedio straordinario preordinato al proscioglimento della persona già condannata in via definitiva. L’art. 631 c.p.p. presidia, infatti, con l’inammissibilità la domanda di revisione che non sia fondata su elementi capaci di dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto. L’opposto orientamento [5], lungi dal mettere in discussione il principio di tassatività delle impugnazioni, contesta la lettura del [continua ..]


Gli argomenti delle Sezioni Unite

L’articolata motivazione merita un’attenta disamina. Innanzitutto, il Supremo Collegio si premura di individuare il fondamento dell’istituto della revisione, richiamando l’art. 24 Cost. che, nell’imporre al legislatore ordinario di determinare «le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari», ineludibilmente costituzionalizza anche lo strumento processuale finalizzato alla revoca delle sentenze di condanna frutto dei predetti errori, strumento che, trovando esplicito riconoscimento anche in plurime fonti sovranazionali, poste a tutela dei diritti umani [7], non può che considerarsiun inalienabile diritto della persona. Ciò posto, la Cassazione si sofferma sul profilo della legittimazione, ritenuto centrale ai fini della decisione. Essa chiarisce che legittimato ad esperire tale impugnazione straordinaria è in primis il soggetto “condannato”, ovvero «il soggetto che ha esaurito tutti i gradi del sistema delle impugnazioni ordinarie e rispetto al quale si è formato il giudicato» [8]. Esclusi, dunque, dall’ambito di operatività dell’istituto gli esiti dei procedimenti ante iudicatum e i provvedimenti per i quali l’ordinamento appresta rimedi “speciali” diversi [9], l’attenzione del Collegio si concentra sulla nozione di “condannato”, introducendo diversi distinguo. Ribadito che non è “condannato” il soggetto nei cui confronti sia stata emessa una sentenza che, ai soli effetti penali, si sia limitata a dichiarare l’estinzione del reato(per prescrizione o amnistia “propria”), ritiene di pervenire a diverse conclusioni quando, alla medesima declaratoria si accompagni in appello, come previsto dall’art. 578 c.p.p., la contestuale affermazione di responsabilità agli effetti civili (confermativa della corrispondente statuizione del primo giudice o anche pronunciata ex novo su gravame della parte civile), con conseguente condanna dell’imputato al risarcimento del danno e/o alle restituzioni. Le conseguenze pregiudizievoli che discendono da tale pronuncia, definita di “condanna” dallo stesso codice (artt. 538 e 539 c.p.p.), fanno, infatti, del suo destinatario un “condannato”, il quale non può che avere titolo per esperire la revisione. Anche in tali casi – [continua ..]


Considerazioni

Il tema affrontato dalle Sezioni Unite merita una accurata riflessione, in quanto involge questioni dirilievo a livello processuale, tra cui quella del rapporto dinamico che lega il giudicato e larevisione. In nome di istanze di giustizia sostanziale l’ordinamento appare sempre più propenso a mettere in discussione il giudicato, non più percepito come un dato di approdo intangibile, ma piuttosto come il frutto di un accertamento solo relativamente immutabile, destinato a cedere il passo di fronte alla necessità di rimediare ad una ingiustizia [15] che si appalesi alla luce di elementi diversi e nuovi rispetto aquelli che hanno concorso a formare la decisione [16]. A partire da tale considerazione le Sezioni Unite,avrebbero potuto costruire la loro pronuncia su una lettura estensiva della disciplina della revisione, valorizzando il fatto che la stabilità del giudicato è un valore ormai ampiamente in discussione. Invero, da un lato,l’ordinamento si è progressivamente arricchito di istituti volti a rimuovere il giudicato [17]: si pensi al ricorso straordinario per Cassazione (art. 625-bis c.p.p.) [18], finalizzato a risolvere il giudicato e a riaprire il processo (o comunque, a modificarne l’esito) allorché a causa di un errore di tipo percettivo («l’errore di fatto») sia stato leso il diritto dell’imputato, alla effettività del giudizio di legittimità; si pensi alla rescissione del giudicato, introdotta unitamente alla disciplina del processo in absentia e ora regolata dall’art. 629-bis c.p.p., con cui si consente al condannato, nei cui confronti si sia proceduto in assenza per l’intera durata del processo, di ottenere, a determinate condizioni, la revoca della sentenza e la trasmissione degli atti al giudice di primo grado [19]. Dall’altro, sempre più ampi paiono i margini di operatività degli istituti che consentono di intervenire in esecutivis sul giudicato in nome del­l’equità e della salvaguardia della legalità penale. Invero, ai tradizionali poteri del giudice dell’ese­cu­zione di intervenire sulla decisione definitiva (artt. 669-673 c.p.p.) [20] si affiancano oggi inediti poteri di accertamento e valutazione finalizzati alla rideterminazione della pena inflitta con la sentenza passata in giudicato. Ci [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2019