Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Sezioni Unite (di Paola Garofalo)


REFORMATIO IN MELIUS DELLA SENTENZA DI CONDANNA: NON È OBBLIGATORIA LA RINNOVAZIONE DEL­L’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE IN APPELLO (Cass., sez. un., 3 aprile 2018, n. 14800) Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi circa l’obbligo di riassunzione della prova dichiarativa nel caso in cui il giudice dell’appello riformi in melius la sentenza di condanna di primo grado. La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite dal Primo Presidente su segnalazione di un potenziale contrasto giurisprudenziale, rilevato dall’ufficio per l’esame preliminare dei ricorsi presso la prima Sezione Penale, tra Cass., sez. II, 20 giugno 2017, n. 41571, che sostiene la necessità della rinnovazione della prova dichiarativa anche in caso di reformatio in melius, ed i principi affermati dalle Sezioni Unite Dasgupta (28 aprile 2016, n. 27620) e Patalano (19 gennaio 2017, n. 18620), che invece sostengono l’in­sus­sistenza di tale obbligo. La sentenza in esame prende atto dell’attuale panorama giurisprudenziale ripercorrendone gli a­spetti evolutivi e le varianti registrate nell’attuazione del principio della necessaria rinnovazione in appello delle prove dichiarative decisive nel caso di riforma di sentenza assolutoria resa in primo grado. In un primo momento, con la nota sentenza Dasgupta, le Sezioni Unite hanno escluso la sussistenza del­l’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva nell’ipotesi del ribaltamento in appello di una decisione di condanna; successivamente la sentenza Patalano, con riferimento al giudizio abbreviato, aveva rilevato il vizio di motivazione, per violazione della regola dell’“al di là di ogni ragionevole dubbio”, di cui all’art. 533 c.p.p., della sentenza pronunciata in appello in riforma di quella assolutoria di prima istanza. La necessità della rinnovazione in appello delle prove orali decisive, nei casi di riforma di sentenze assolutorie, è conforme alla previsione di cui all’art. 6, par. 3, lett. d), Cedu, per come interpretato dalla Corte di Strasburgo a partire dalla nota sentenza Dan c. Moldavia del 5 luglio 2011. Ciò posto, le Sezioni Unite, con la sentenza in annotazione, individuano nel principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza il nucleo centrale imprescindibile per la risoluzione del potenziale conflitto ad esse devoluto. Con l’introduzione del canone del ragionevole dubbio, la l. 20 febbraio 2006, n. 46, ha modificato l’art. 533 c.p.p., prevedendo al comma 1 il canone di giudizio a presidio proprio del principio della presunzione di non colpevolezza. Da ciò si ricava, come efficacemente affermato da Cass., sez. VI, 3 novembre 2011, n. 40159, che la condanna «presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l’assoluzione non presuppone la [continua..]

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Fascicolo 4 - 2018