argomento: decisioni in contrasto - misure di prevenzione e sicurezza
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Si registra in giurisprudenza un contrasto in ordine alla formulazione del giudizio di pericolosità, funzionale all'adozione di misure di prevenzione.
Secondo un orientamento, considerata l'autonomia tra processo penale e procedimento di prevenzione, il giudice, può valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale, al fine di giungere ad un'affermazione di pericolosità generica del proposto ex art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 159 del 2011, non solo in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato o di pronuncia di non doversi procedere, ma anche a seguito di sentenza di assoluzione ai sensi dell'art. 530, comma 2 c.p.p., qualora risultino delineati, con sufficiente chiarezza e nella loro oggettività, quei fatti che, pur ritenuti insufficienti - nel merito o per preclusioni processuali -per una condanna penale, possono, comunque, essere posti alla base di un giudizio di pericolosità (Cass. sez. II, 13 aprile 2023, n. 15704; Cass. sez. II, 7 febbraio 2022, n. 4191; Cass. sez. II, 9 settembre 2021, n. 33533; Cass. sez. II, 17 luglio 2019, n.31549).
Al contrario altra giurisprudenza ha affermato che il giudice della prevenzione, in sede di verifica della pericolosità generica del soggetto proposto per l'applicazione di misura di prevenzione, non possa ritenere rilevanti, in base al principio della "valutazione autonoma", fatti per i quali sia intervenuta sentenza definitiva di assoluzione, in quanto la negazione penale irrevocabile di un determinato fatto impedisce di assumerlo come elemento indiziante ai fini del giudizio di pericolosità. (Cass. sez. V, 5 gennaio 2021, n. 182; Cass. sez. I, 17 luglio 2015, n. 31209). La sentenza in esame aderisce alla opzione ermeneutica secondo la quale il giudicato di assoluzione si presenta ostativo al riscontro di una pericolosità semplice.