Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

19/01/2024 - Corte di Giustizia UE, 16 gennaio 2024, (Causa C - 621/21)

argomento: corti europee

Articoli Correlati: direttiva 2011/95/UE - status di rifugiato - requisiti necessari - motivi di persecuzione - appartenenza a un determinato gruppo sociale - violenza contro le donne basata sul genere - presupposto legittimo per il requisito

Corte di giustizia UE, 16 gennaio  2024 (Causa C-621/21)

Parole chiave: direttiva 2011/95/UE - status di rifugiato - requisiti - motivi di persecuzione - appartenenza a un determinato gruppo sociale - violenza contro le donne basata sul genere - presupposto legittimo per il riconoscimento

La domanda di pronuncia pregiudiziale proveniente dal giudice di Sofia riguarda la corretta interpretazione  di alcune previsioni della direttiva 2011/95 del Parlamento europeo e del  Consiglio riguardanti, in particolare, l’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi  della qualifica di beneficiario della protezione internazionale; lo status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare di protezione sussidiaria; infine, il contenuto della protezione riconosciuta. Il caso scaturiva dalla domanda di protezione internazionale in Bulgaria presentata da una cittadina turca di origine curda, di confessione musulmana sunnita, che costretta a sposarsi dalla sua famiglia con un uomo che la picchiava e minacciava di morte durante il matrimonio, aveva successivamente divorziato nonostante l’opposizione del marito. Per questi motivi temeva che qualora fosse dovuta rientrare in Turchia, avrebbe corso pericolo di vita. Secondo la menzionata  direttiva, lo status di rifugiato è previsto in caso di persecuzione di qualunque cittadino di un paese terzo per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica  o appartenenza a un determinato gruppo sociale; diversamente, la protezione sussidiaria compete  a qualunque cittadino di un paese terzo nei cui confronti, benché privo dei requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, risultino fondati motivi per ritenere che, uno volta rinviato nel paese d’origine, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno, come l’essere giustiziato oppure sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Secondo la Corte del Lussemburgo, tale disciplina va letta alla luce dei principi della Convenzione di Istanbul  sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nonostante la Bulgaria non risulti tra gli Stati aderenti. Pertanto, poiché la Convenzione che vincola l’Unione europea, riconosce la violenza contro le donne fondata sul genere come un forma di persecuzione e le donne nel loro insieme rilevano come appartenenti a un gruppo sociale suscettibile di tutela ai sensi della direttiva 2011/95, deve concludersi che esse possono beneficiare dello status di rifugiato laddove, nel loro paese d’origine, siano esposte, a causa del loro sesso, a violenze fisiche o psicologiche. In assenza dei presupposti per il riconoscimento di tale stato, possono comunque ottenere il regime di protezione sussidiaria se minacciate di morte o di altre forme di violenza da parte soggetti non statuali, quali un membro della famiglia o della loro comunità, a causa della presunta trasgressione di norme culturali, religiose o tradizionali.