Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

31/03/2023 - Corte e.d.u., 30 marzo 2023, J. A. e altri c. Italia

argomento: corti europee - liberta' personale

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Corte e.d.u., 30 marzo 2023,  J.A. e altri c. Italia

Parole chiave: trattamenti inumani e degradanti dovuti a condizioni materiali precarie nell’hotspot  di Lampedusa - limitazione della libertà personale dei migranti arbitraria e illegittima perché priva di una base giuridica nel diritto nazionale – respingimento equivalentea a una espulsione collettiva in assenza della possibilità di impugnare il provvedimento  

 

I ricorrenti, quattro migranti irregolari giunti in Italia via mare dalla Tunisia, denunciano a  Strasburgo le cattive condizioni di vita patite  durante il soggiorno nell’hotspot di Lampedusa, in spregio al divieto convenzionale di trattamenti inumani e degradanti (art. 3 Cedu); la illegittima privazione della libertà personale, in quanto non autorizzati a lasciare i locali del centro di accoglienza durante i dieci giorni di permanenza  (art. 5 §§ 1. 2 e 4 Cedu);  la sottoposizione, infine, a una forma di espulsione collettiva di stranieri, espressamente vietata dall’art. 4 del Protocollo n. 4 della Convenzione. La Corte accoglie i ricorsi e dichiara all’unanimità  la violazione di tutte le norme richiamate. I Giudici affermano, anzitutto, che le critiche condizioni igienico-sanitarie,  lo stato fatiscente e la mancanza di spazio della struttura ospitante si erano  tradotte in una situazione materiale inumana e degradante,  per giustificare la quale l’Italia - al pari degli altri Paesi che costituiscono le frontiere esterne dell’UE - non possono invocare le difficoltà dovute all’aumento dell’afflusso di migranti e richiedenti asilo, difficoltà che in quanto Stato membro dal Consiglio d’Europa non li esonerano dagli obblighi derivanti dall’art. 3 Cedu.. Essi rilevano, ancora, che nell’ordinamento italiano, all’epoca dei fatti,  mancava qualunque fondamento normativo che consentisse l’utilizzo dell’hotspot di Lampedusa  come centro di detenzione per stranieri; tale circostanza rendeva, pertanto, illegittima e arbitraria, ai sensi dell’art. 5, § 1, lett. f),  la limitazione della libertà personale  dei ricorrenti, collocati nel centro isolano senza una base giuridica chiara e accessibile e in mancanza di un provvedimento motivato che ne disponesse il trattenimento, prima di essere rimandati in Patria. Infine, conclude la sentenza, le modalità del c.d. respingimento differito, per cui la firma dei relativi provvedimenti da parte dei migranti e l’allontanamento  sono avvenuti in rapidissima successione, impedendo  loro di comprendere chiaramente il contenuto delle decisioni e di  presentare un eventuale ricorso,  di fatto hanno trasformato il respingimento stesso in una forma di espulsione collettiva indifferente alle situazioni individuali, come tale convenzionalmente vietata.