argomento: corti europee
» visualizza: il documento (Corte e.d.u., 10 nvrmbre 2022, I. M. e altri c. Italia)Articoli Correlati: - violenza domestica - sospensione della potestà genitoriale della madre maltrattata - comportamento giudicato ostile sulla base della sindrome da alienazione parentale - interferenza illecita con il diritto della donna alla vita familiare
Corte e.d.u., 10 novembre 2022, I. M. e altri c. Italia
Configura una violazione dell’art. 8 Cedu la sospensione della potestà genitoriale della durata di tre anni, disposta dal tribunale di Roma nei confronti della ricorrente - madre di due minori - per comportamento ritenuto, in via presuntiva, ostile e non collaborativo allo svolgimento degli incontri dei minori con il padre tossicodipendente e maltrattante, in ambiente non protetto, nonostante le specifiche richieste dei servizi sociali in tal senso. A giudizio della Corte, la decisione dei giudici italiani ha costituito una ingerenza nel rispetto del diritto alla vita familiare della donna, poiché per quanto prevista per legge (nel caso concreto, gli artt. 330 e ss. c.c.) e finalizzata agli obiettivi legittimi di tutela della salute e dei diritti di libertà dei bambini, risultava difforme con quanto imposto dalla norma convenzionale, circa la sua necessarietà e compatibilità con il modello di società democratica. In particolare, il provvedimento impugnato dalla ricorrente non motivava in modo pertinente e sufficiente la sospensione triennale, né teneva conto dell’interesse superiore dei bambini, oltre a omettere il bilanciamento dei diversi interessi coinvolti. Al contrario, il giudice nazionale avrebbe dovuto ascoltare l’assistente sociale presente agli incontri, durante i quali erano state rilevate molteplici criticità, tra cui l’atteggiamento aggressivo e sprezzante del padre soggetto a procedimento penale per il reato di maltrattamenti, e l’assenza dello psicologo, benché ne fosse stata prescritta la presenza. In tale approccio, gravemente lesivo del diritto sancito dall’art. 8 Cedu, i giudici di Strasburgo leggono il chiaro riflesso di una deprecabile prassi diffusa nei tribunali civili italiani che, sulla scia di una teoria priva di fondamenta scientifico come la sindrome da alienazione parentale (v. Rapporto GREVIO - Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica - sull’Italia, gennaio 2020), considerano le donne che usano la violenza domestica come motivo per rifiutarsi di partecipare agli incontri dei figli con l’ex coniuge e per opporsi all’affidamento condiviso, come genitori “non cooperativi” e, quindi, madre inadatte, meritevoli, come tali, di punizione.