argomento: corte di cassazione - sezioni semplici - prove
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Nel verificare la fondatezza dei motivi di ricorso formulati ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., il giudice di legittimità non deve accertare la plausibilità e l’intrinseca adeguatezza dei risultati dell’interpretazione delle prove, proprie del giudizio di merito, ma soltanto stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione e fornito esauriente risposta alle deduzioni delle parti, applicando correttamente le regole processuali.
Il vizio di travisamento della prova ricorre nell’ipotesi in cui il giudice di merito fondi il suo convincimento giurisdizionale su una prova che non esiste o su un risultato probatorio incontestabilmente diverso da quello reale; in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se tali elementi sussistano.
In tema di valutazione della prova, con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, il giudice di merito deve accertare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilità dei significati e assenza di ambiguità, di modo che la ricostruzione del significato delle conversazioni non lasci margini di dubbio sul significato complessivo della conversazione.
La motivazione “per relationem” di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: 1) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall'interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell'organo della valutazione o dell’impugnazione.