Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

09/06/2020 - Corte e.d.u. 9 giugno 2020, Pshibiyev e Berov. c. Russia

argomento: corti europee - esecuzione/trattamento carcerario

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Le particolari restrizioni relative alla frequenza, alla durata e alle modalità delle visite dei familiari a soggetti sottoposti a custodia cautelare in carcere, costituiscono un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e familiare che la Convenzione europea ammette purché sia conforme alla legge, persegua uno o più scopi legittimi ai sensi dell’art. 8 Cedu e possa essere considerata necessaria in una società democratica. Premesso tale inquadramento, secondo la disciplina dello Stato convenuto (§ 143 del Regolamento interno delle carceri di custodia cautelare),  le persone accusate o sospettate di un reato in stato di detenzione preventiva,  sono autorizzate a ricevere solo un ridotto numero di visite mensili - massimo due - della durata non superiore a tre ore, all’interno di stanze dotate di uno schermo divisorio in vetro che, nell’impedire qualsiasi contatto fisico con i visitatori,  permette esclusivamente conversazioni tramite apparecchio telefonico, per di più intercettate dagli agenti penitenziari.  Questo il severo regime patito dai ricorrenti per gli oltre dieci anni occorsi alla adozione della sentenza definitiva di condanna. I giudici europei riscontrano la violazione della norma convenzionale richiamata,  poiché allo Stato  non è consentito  limitare indistintamente e in modo automatico il diritto di visita,  dovendo  prevedere, invece, il diritto interno un margine di flessibilità che renda possibile modulare le condizioni detentive, caso per caso, in considerazione della loro reale necessità al mantenimento dell’ordine, della sicurezza e della incolumità o alla efficacia delle indagini. L’eccessiva durata della detenzione cautelare nell’ordinamento dello Stato convenuto, costituisce  problema strutturale incompatibile con i valori espressi dalla Convenzione, tra cui la vita privata e familiare di coloro che vi sono assoggettati;  a questi soggetti  - prescrive  il Regolamento penitenziario europeo - deve essere assicurato di comunicare con i propri familiari alle stesse condizioni dei condannati in via definitiva, i quali hanno diritto di ricevere almeno una visita di lunga durata all’anno. Il mancato riconoscimento di tale diritto in uno con le modalità di svolgimento delle visite di breve durata che precludono ogni forma di contatto fisico, configura una interferenza con il diritto alla vita privata e familiare non necessaria e incompatibile con il modello di società democratica.