Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

30/01/2020 - Corte e.d.u., 30 gennaio 2020, Vinks e Ribicka c. Lettonia

argomento: corti europee - mezzi di prova e di ricerca della prova

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Il ricorso riguarda la presunta illegittimità di una perquisizione eseguita nell’ambito di un procedimento per evasione fiscale e riciclaggio di denaro su vasta scala, dei quali venivano riconosciuti colpevoli due cittadini lettoni. Questi ultimi hanno denunciato alla Corte europea una lesione del loro diritto al rispetto del domicilio, avendo costituito la perquisizione subita, visti i suoi presupposti e le brutali modalità di esecuzione affidate a unità speciali di polizia,  una interferenza con il diritto alla vita privata, esorbitante dai rigorosi limiti posti dall’art. 8, comma 2, Cedu. La  elaborazione giurisprudenziale in materia ammette  la legittimità della perquisizione e dell’eventuale, conseguente, sequestro quali strumenti necessari in una società democratica per assicurare al processo le prove materiali di determinati reati; è rilasciata, tuttavia,  al sindacato della Corte, la rigorosa valutazione sulla sufficienza e pertinenza dei motivi addotti a fondamento della misura e  la sua proporzionalità rispetto allo scopo legittimamente perseguito. I criteri-guida della verifica in tal senso, da effettuare secondo le circostanze del caso concreto, sono la gravità del reato per il quale la perquisizione è disposta; l’esistenza di altre prove al momento dell’adozione del mandato; il contenuto e l’ampiezza dello stesso, in relazione alla natura dei locali da perquisire e delle garanzie adottate per limitarne l’impatto su coloro che ne sono i destinatari; ancora, la portata delle possibili ripercussioni sulla reputazione di costoro. Infine, la verifica in merito alla effettività del controllo giurisdizionale sulla misura, da esercitare in via preventiva oppure  successivamente. Nel caso specifico, i ricorrenti  negavano che l’operazione fosse giustificata dal perseguimento di un motivo legittimo, ovvero che ci fossero ragionevoli sospetti della presenza, nella loro abitazione, di cose pertinenti al reato; al contrario, sostenevano si trattasse di un atto di  rappresaglia contro le accuse di corruzione mosse contro due appartenenti al medesimo dipartimento di polizia finanziaria impegnato nelle indagini sul loro conto. Contestavano, infine, il coinvolgimento dell’unità di antiterrorismo  (quattro agenti armati entrati dalle finestre del primo e secondo piano della casa, nella quale vi era anche la figlia minorenne di uno dei ricorrenti), chiamata in supporto delle forze ordinare di polizia, pur in assenza di motivi validi per ritenere che sarebbe stata opposta resistenza fisica o armata. Sulla scorta degli atti del procedimento e delle argomentazioni del governo convenuto, i Giudici di Strasburgo concludono che agli imputati fu rilasciata copia sufficientemente circoscritta del mandato di perquisizione e che, pertanto, la perquisizione stessa poteva ritenersi conforme alla legge e riconducibile all’attività di prevenzione del crimine nell’ambito di indagini relative a gravi reati economici, per i quali uno dei due ricorrenti era stato arrestato. Viceversa, negano  che l’autorizzazione preventiva alla perquisizione si sia risolta in una garanzia efficace per i diritti delle persone coinvolte, dal momento il giudice istruttore verificava solo in modo sommario e non puntuale la sussistenza dei requisiti necessari a giustificare la misura Riscontrano, infine, nell’intervento dell’unità operativa antiterrorismo, che comportò l’irruzione di uomini armati dalle finestre dell’abitazione, i quali, con le pistole puntate, immobilizzarono a terra i presenti tra cui una minore - un  abuso di autorità ed una violazione della dignità umana, non risultando agli atti alcuna prova della presenza di individui armati o di cani da guardia all’interno dei locali da perquisire. Ne deriva, a parere dei Giudici,  che la perquisizione effettuata si è tradotta in una interferenza nella vita privata dei ricorrenti non proporzionata allo scopo  perseguito, con conseguente violazione dei diritto riconosciuto dalla Convenzione,