Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

28/01/2020 - Corte e.d.u., 28 gennaio 2020, Mehmet Zeki Ҫelebi c. Turchia

argomento: corti europee - difesa e difensori

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Il caso riguarda una vicenda giudiziaria, articolata e complessa, conclusasi con una condanna all’ergastolo di un cittadino turco appartenente alla associazione terroristica PKK.  Interrogato subito dopo l’arresto, prima dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero, poi dal giudice istruttore, l’indiziato ammetteva il proprio coinvolgimento, a vario titolo, in una serie di gravi reati.  Le dichiarazioni contra se, oggetto di conferme e successive smentite, con andamento altalenante lungo il corso dell’intero processo, furono rilasciate in assenza del difensore, conformemente a quanto previsto dalla legge interna per gli imputati di reati di competenza del Tribunale per la sicurezza dello Stato.  La Corte, adita per accertare se tale circostanza si sia tradotta nella violazione dei principi che compendiano la nozione di processo equo, ribadisce quanto già affermato al riguardo in casi simili, ovvero che il diritto alla assistenza legale può subire limitazioni da parte dei legislatori nazionali in via generale ed astratta, fermo restando, però,  il dovere delle autorità competenti di  accertare in concreto, caso per caso, la presenza di «motivi convincenti» - «compelling reasons», questa la formula usata dalla disposizione turca  - da intendere come circostanze eccezionali e di carattere temporaneo, quali l’urgenza di tutelare la vita, la libertà, l’integrità fisica di vittime, anche solo potenziali; le sole capaci di giustificare tali restrizioni.  L’assenza di ragioni convincenti, scrivono ancora i giudici  di Strasburgo, non determina in ogni caso l’automatica lesione dell’art. 6 §§ 1 e 3 Cedu,  se lo Stato convenuto riesce a dimostrare che il deficit di difesa nella fase preliminare non ha intaccato l’equità del processo considerato nella sua interezza («overall fairness test», Corte e.d.u., 13 settembre 2016, Ibrahim e a. c. Regno Unito), grazie alla presenza di garanzie diverse ed ulteriori, in grado di spiegare efficacia compensativa. Venendo al caso di specie, rilevata l’assenza dei «motivi validi» richiesti ex lege e constatata la inidoneità delle argomentazioni governative a dimostrare che l’equità del processo risultasse impregiudicata, la Corte, da un lato,  attribuisce peso fondamentale al contributo dichiarativo dell’imputato nell’accertamento della sua colpevolezza; nega, dall’altro, che la conferma delle dichiarazioni fatta solo per lucrare i benefici di legge, possa aver giocato un ruolo compensativo rispetto alla mancanza di assistenza legale. Viene, pertanto, riconosciuta la violazione del diritto del ricorrente ad un processo equo.