Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Decreto penale di condanna e ricorso per cassazione (di Pasquale Ventura, Avvocato – Docente a contratto – Università degli Studi di Torino)


Il decreto penale è il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari infligge all’imputato una pena su richiesta del pubblico ministero, senza esplicazione del contraddittorio; tuttavia l’imputato può togliere effetto a tale provvedimento con l’opposizione, a seguito della quale si instaura il giudizio immediato o un altro procedimento speciale.

Il presente lavoro affronta il problema relativo alla possibilità per l’imputato di impugnare il decreto penale con il ricorso per cassazione; che risolve positivamente sulla base dell’art. 111, comma 7, Cost. il quale garantisce sempre il ricorso per violazione di legge anche «contro le sentenze», chiarendo il rapporto tra il ricorso per cassazione e l’opposizione al decreto penale.

The criminal decree and appeal to cassation

The criminal decree is the judge for preliminary investigations’ sentence following at the request of the public prosecutor, without explanation of the cross-examination; however, the accused can remove the effect of this provision with an opposition, following an immediate judgment or other different special proceedings.

The work concerns the accused chance to challenge up the criminal decree with an appeal to cassation; on the basis of the art. 111 of the Constitution, paragraph 7, which always guarantees the appeal for every law’s violation even “against sentences”, clarifying the relationship between the appeal to the Supreme Court and the opposition to the criminal decree.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. I rimedi alla condanna - 3. La natura del decreto penale - 4. Le ragioni del ricorso per cassazione - NOTE


1. Premessa

Nel procedimento per decreto penale il giudice per le indagini preliminari infligge all’imputato la pena richiesta dal pubblico ministero senza esplicazione del contraddittorio, salvo il diritto dell’im­putato medesimo, mediante l’opposizione, di togliere effetto al provvedimento di condanna e chiedere l’in­staurazione del giudizio immediato o di un altro procedimento speciale. In particolare il pubblico ministero esercita l’azione penale, con richiesta motivata di decreto penale di condanna, se la prova della colpevolezza dell’imputato risulta evidente [1] e: a) si proceda per un reato perseguibile d’ufficio oppure a querela, se questa è presentata validamente [2]; b) risulti irrogabile in concreto una pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva; c) non si debba applicare una misura di sicurezza personale; d) non sia trascorso più di un anno [3], da quando il nome della persona alla quale il reato è attribuito è stato iscritto nel registro delle notizie di reato. Il giudice per le indagini preliminari emette il decreto penale di condanna, applicando la pena richiesta dal pubblico ministero, se vi è la prova della sussistenza del fatto e della responsabilità dell’imputato. Il procedimento per decreto in tanto rappresenta uno «strumento privilegiato di definizione anticipata del procedimento», tale da consentire «il maggior risparmio di energie e la maggiore semplificazione» [4], in quanto il ricorso all’opposizione venga ridotto. Per ottenere tale risultato il codice da un lato prevede incentivi affinché l’imputato accetti la condanna, quali l’applicabilità di una pena ridotta sino alla metà del minimo edittale [5], l’inapplicabilità delle misure di sicurezza patrimoniali tranne la confisca obbligatoria ex art. 240, comma 2, c.p., la mancata condanna al pagamento delle spese del procedimento e alle pene accessorie, l’inefficacia di giudicato del decreto penale nel giudizio civile o amministrativo, l’estinzione del reato nei termini previsti dal­l’art. 460 c.p.p., la non menzione del decreto di condanna nel certificato generale e in quello penale e nel certificato dei carichi pendenti rilasciati a richiesta dei privati; dall’altro lato, connette al giudizio conseguente [continua ..]


2. I rimedi alla condanna

Dopo la notifica del decreto penale di condanna, l’imputato e, eventualmente, la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria [11] sono posti quindi di fronte all’alternativa se prestare acquiescenza o opporsi alla condanna [12]: se prestano acquiescenza, il decreto penale acquista efficacia di cosa giudicata; se presentano l’opposizione e questa risulta ammissibile, il decreto viene revocato e l’opponente è messo nella condizione di esercitare il suo diritto di difesa. L’imputato, con l’opposizione al decreto di condanna, può chiedere che il processo si svolga con le forme del rito immediato, del giudizio abbreviato, dell’applicazione della pena a norma dell’art. 444 c.p.p. oppure può domandare l’ammissione all’oblazione o alla c.d. “messa alla prova” (art. 464-bis, comma 2, c.p.p.); se nell’opposizione non formula alcuna richiesta, il processo si svolge con le forme del giudizio immediato. Il civilmente obbligato per la pena pecuniaria può chiedere con l’opposizione il solo giudizio immediato, non un altro rito speciale. Infine, una copia del decreto è comunicata a cura della cancelleria del giudice per le indagini preliminari al pubblico ministero, per consentirgli di controllare la conformità delle statuizioni del decreto alle sue richieste e, in caso di difformità, di ricorrere per cassazione per violazione di legge [13]. Si discute se l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possano impugnare il decreto penale con ricorso per cassazione. La giurisprudenza [14] esclude tale possibilità invocando il principio di tassatività delle impugnazioni ex art. 568 c.p.p., secondo il quale le sentenze sono sempre ricorribili per cassazione se non altrimenti impugnabili; e il decreto penale, essendo soggetto al rimedio dell’opposizione, può essere impugnato solo con questo gravame [15]. A nostro avviso, il diritto dell’imputato e del civilmente obbligato a ricorrere anche per cassazione avverso il decreto penale discende dall’art. 111, comma 7, Cost. il quale garantisce sempre il ricorso per violazione di legge «contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali” [16].


3. La natura del decreto penale

Ed invero, la “sentenza” cui si riferisce l’art. 111, comma 7, Cost. non è solo il provvedimento giurisdizionale avente tale forma, ma ogni altro provvedimento a contenuto decisorio capace di incidere in via definitiva sui diritti soggettivi [17]; e il decreto penale, avendo natura sostanziale di sentenza [18], risulta compreso nella sfera di applicazione della citata norma costituzionale. Infatti il decreto penale è un provvedimento giurisdizionale con il quale il giudice fa valere la pretesa punitiva dello Stato, attraverso la dichiarazione di responsabilità dell’imputato e l’inflizione della sanzione prevista dalla legge [19]; inoltre esso, come la sentenza di condanna: a) esaurisce la giurisdizione o una fase di essa; b) è motivato, come risulta dall’art. 460 c.p.p.; c) diventa irrevocabile e determina il ne bis in idem; d) rileva ai fini della recidiva e della dichiarazione di abitualità e professionalità nel reato; e) è soggetto a revisione [20]. Si aggiunga inoltre che il decreto penale presenta requisiti di forma e di contenuto analoghi a quelli della sentenza giacché, come questa, si compone di una parte enunciativa, una espositiva e una dispositiva [21]. La parte enunciativa comprende l’identificazione delle parti private, cioè le generalità dell’imputato o le altre indicazioni personali che valgano ad identificarlo nonché, quando occorre, quelle della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Essa contiene inoltre l’imputazione, vale a dire l’enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate (art. 460, lett. b, c.p.p.) [22]. L’elenco di questa parte del decreto penale si completa con la data e la sottoscrizione del giudice e dell’ausiliario che lo assiste. La parte espositiva è costituita dalla motivazione [23], che ha la medesima struttura della motivazione della sentenza essendo richiesta per entrambi la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata (artt. 460 lett. c, e 546, lett. e, c.p.p.). I motivi di fatto si riferiscono all’indicazione degli elementi di prova che il giudice ha posto a base del proprio convincimento e dei criteri utilizzati per la loro valutazione, mentre la motivazione in diritto [continua ..]


4. Le ragioni del ricorso per cassazione

Se è vero che la Costituzione assicura il ricorso per violazione di legge contro tutti le sentenze (rectius: i provvedimenti decisori), e se è altresì vero che il decreto penale è un provvedimento avente tale natura e contenuto, bisogna chiarire il rapporto tra il ricorso per cassazione e l’opposizione al decreto penale. L’art. 111, comma 7, Cost. nel garantire il ricorso per violazione di legge contro tutte le sentenza è comunemente interpretato [25] nel senso che il controllo di legittimità su tali provvedimenti è sempre consentito, sebbene dopo l’esperimento dell’impugnazione di merito che la legge eventualmente appresta contro essi; tale interpretazione rispetta il suddetto principio costituzionale giacché i provvedimenti, riformati o confermati dal giudice dell’impugnazione, potranno comunque essere portati al giudizio della Cassazione. Senonché, sostenere che il decreto penale non è ricorribile per cassazione in quanto impugnabile con il rimedio dell’opposizione [26], e che il controllo di legittimità avverso il decreto penale, una volta opposto, sarebbe assicurato nel giudizio conseguente all’opposizione nel quale l’imputato può svolgere pienamente la sua difesa [27], è un argomento che non convince. La peculiarità dell’opposizione è quella di «risolve(re) la decisione impugnata, come fatto giuridico, riducendola a un precedente storico» [28]; per cui il decreto penale, a seguito dell’opposizione, viene revocato e scompare dal mondo giuridico. Tanto è vero che il giudizio conseguente all’opposizione si svolge come se nulla fosse stato deciso in precedenza; infatti il giudice è svincolato dal decisum del decreto penale, potendo applicare una pena maggiore o di specie diversa rispetto a quella irrogata con questo, revocare i benefici precedentemente concessi, ordinare il pagamento delle spese processuali relative ai reati cui la condanna si riferisce, nonché disporre l’applicazione delle pene accessorie [29]. Per cui la sentenza pronunciata in questo giudizio è un provvedimento “diverso” e “nuovo” rispetto al (oramai inesistente) decreto penale. Quindi il decreto penale, una volta opposto, non sarà ricorribile in cassazione per l’ovvia ragione che non esiste [continua ..]


NOTE
Fascicolo 3 - 2024