Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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La nuova normativa sulla violenza di genere A) Profili sostanziali (di Gianluca Gentile, Professore associato di Diritto penale – Università degli Studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa”)


La l. n. 168/2023 ha riformato numerosi aspetti della normativa sulla violenza di genere. Per quanto riguarda le modifiche di diritto sostanziale, si è intervenuti sull’ammonimento del questore e sulle misure di prevenzione personali; è stato riformulato l’art. 387-bis c.p., includendovi anche la violazione degli ordini di protezione; è stata rivista la disciplina della sospensione condizionale della pena, prevedendo un inedito raccordo con il sistema delle misure di prevenzione.

La legge in esame risolve alcuni difetti della disciplina previgente, ma presta il fianco a diverse critiche dovute al suo carattere frammentario, ma soprattutto a una prospettiva politico-criminale di matrice repressiva che trascura i temi della prevenzione sociale del fenomeno e del contenimento della recidiva.

The new Law on gender-based violence A) Substantive profiles

Law No. 168 of 2023 reformed several aspects of the legislation on gender-based violence. With regard to changes in substantive law, changes were made to the Questore’s warning and personal preventive measures; Article 387-bis of the Criminal Code has been reformulated, also including the violation of protection orders; the discipline of the conditional suspension of sentences was revised, providing for an unprecedented connection with the system of prevention measures.

The law under review resolves some shortcomings of the previous discipline, but lends itself to some criticism due to its fragmentary nature, but above all to a criminal-political perspective of a repressive matrix that neglects the issues of the social prevention of the phenomenon and the containment of recidivism.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Cenni sulla disciplina dell’ammonimento del questore - 3. Il rafforzamento delle misure in tema di ammonimento - 4. Il potenziamento delle misure di prevenzione - 5. Modifiche relative agli effetti della violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari - 6. Disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena - NOTE -


1. Introduzione

Ponendosi nel solco di un’evoluzione normativa e culturale che affonda le sue radici nella nostra Costituzione [1], il legislatore dell’ultimo quindicennio è intervenuto più volte per contrastare il fenomeno della violenza di genere. Tra le tappe più importanti di questo percorso vanno ricordati: a) il d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 (convertito dalla l. 23 aprile 2009, n. 38), che ha introdotto il delitto di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e la possibilità che la persona offesa possa immediatamente richiedere al questore di ammonire l’autore della condotta incriminata; b) la l. 27 agosto 2013, n. 77, che ha tempestivamente autorizzato la ratifica della c.d. Convenzione di Istanbul [2], ossia lo strumento internazionale che ha riconosciuto la «natura strutturale» della violenza contro le donne [3] e di conseguenza ha imposto agli Stati firmatari di adottare un complesso di strategie in grado di prevenire il fenomeno, proteggere le vittime, perseguire i colpevoli e coordinare le attività di tutte le istituzioni coinvolte (le c.d. quattro P: Prevention, Protection, Prosecution, Co-ordinated Policies); c) il d.l. 14 agosto 2013, n. 93 (convertito dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119), che ha cercato di seguire l’approccio integrato imposto della Convenzione di Istanbul riformulando le fattispecie incriminatrici correlate alla violenza di genere (art. 572, 609-bis e ss., 612-bis c.p.) [4], allestendo strumenti processuali posti a tutela della persona offesa e affidando al Dipartimento delle pari opportunità il compito di formulare un Piano d’azione contro la violenza sessuale e di genere; d) infine, la l. 19 giugno 2019, n. 69, che ha coniato nuove figure di reato (art. 387-bis c.p., Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; art. 558-bis c.p., Costrizione o induzione al matrimonio; art. 612-ter c.p., Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; art. 583-quinquies c.p., Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso) [5], ha ulteriormente elevato le pene comminate dagli artt. 572, 609-bis ss. e 612-bis c.p. e ha congegnato meccanismi di carattere procedurale volti ad accelerare la presa in [continua ..]


2. Cenni sulla disciplina dell’ammonimento del questore

Partiamo dall’ammonimento, un istituto che pur ricordando nominalmente l’antica ammonizione riprende parzialmente il paradigma dell’avviso orale disciplinato dall’art. 3, cod. antimafia [10]. L’art. 8, d.l. n. 11/2009, consente a chi si ritenga vittima di atti persecutori (art. 612-bis c.p.), e non abbia ancora sporto querela, di esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza e richiedere al questore di ammonire l’(asserito) «autore della condotta» [11]. Se al termine dell’istruttoria l’istanza è ritenuta fondata, il questore invita oralmente la persona nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento a tenere una condotta conforme alla legge (art. 8, comma 2, d.l. n. 11/2009) [12]. In aggiunta all’invito, che è funzionale a dissuadere l’ammonito dal proseguire in un comportamento che potrebbe assumere rilevanza penale [13], il questore «adotta i provvedimenti in materia di armi e munizioni» (art. 8, comma 2, d.l. n. 11/2009), ossia provvede a revocare l’eventuale porto d’armi ai sensi degli art. 11 e 43, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 [14]. Il delitto diventa perseguibile d’ufficio quando l’ammonito persiste nel suo comportamento persecutorio integrando gli estremi dell’art. 612-bis c.p. (art. 8, comma 4, d.l. n. 11/2009) [15]; in caso di condanna la pena potrà essere aumentata fino a un terzo (art. 8, comma 3, d.l. n. 11/2009). Il dato testuale non dice molto altro [16], lasciando alla dottrina e alla giurisprudenza l’onere di colmare i vuoti di disciplina, ad esempio in relazione agli spazi difensivi concessi al destinatario dell’am­monimento [17]. Piuttosto che farsi carico di questi problemi, il d.l. n. 93/2013 preferì introdurre una seconda ipotesi di ammonimento, stavolta relativa ai delitti consumati o tentati di percosse (art. 581 c.p.) e di lesioni lievissime (art. 582, comma 2, c.p., nella versione previgente al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) commessi in un contesto di violenza domestica. Alla base dell’intervento legislativo c’era l’idea che condotte bagatellari quali le percosse e le lesioni lievissime assumono tutt’altro significato quando si uniscono a «uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di [continua ..]


3. Il rafforzamento delle misure in tema di ammonimento

Entrambe le tipologie di ammonimento sono state modificate dall’art. 1, l. n. 168/2023. Si è provveduto innanzitutto a menzionare l’art. 612-ter c.p. all’interno dell’art. 8, d.l. n. 11/2009, sicché l’am­monimento per atti persecutori è stato esteso anche al c.d. revenge porn, con quel che ne consegue in punto di procedibilità d’ufficio e di circostanze aggravanti per il reato commesso dal soggetto già ammonito. A tal riguardo è stato anche chiarito che la persona offesa dal reato potrebbe anche essere diversa «da quella per la cui tutela è stato già adottato l’ammonimento» (attuale formulazione dell’art. 8, commi 3 e 4, d.l. n. 11/2009). Più consistenti le novità in tema di ammonimento per condotte di violenza domestica. Innanzitutto, è stato ampliato il novero dei reati-spia, essendo le percosse state affiancate dalle lesioni tout court (art. 582 c.p.), dalla violenza privata (art. 610 c.p.), dalla minaccia grave o da quella realizzata nei modi indicati dall’art. 339 c.p. (art. 612, comma 2, c.p.), dagli atti persecutori (art. 612-bis c.p.), dal revenge porn (art. 612-ter c.p.), dalla violazione di domicilio (art. 614 c.p.), e infine dal danneggiamento (art. 635 c.p.) [22]. L’inserimento dello stalking e del revenge porn sia nell’art. 3, d.l. n. 93/2013 sia nell’art. 8, d.l. n. 11/2009 ha creato per questi reati un doppio binario procedimentale, a seconda che il fatto sia commesso o meno in un contesto di violenza domestica. Proprio la definizione di violenza domestica ha subìto una riformulazione, perché ai requisiti alternativi della gravità e della reiterazione di «uno o più atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica» è stato aggiunto quello della loro commissione «in presenza di minorenni». Il risultato è al contempo verboso e scarsamente selettivo, perché il più delle volte i fatti riconducibili ai reati indicati dal nuovo art. 3, d.l. 3 del 2013, sono per definizione anche atti di «violenza fisica, sessuale, psicologica» [23], idonei a integrare la nozione di violenza domestica se gravi, non episodici o commessi in presenza di [continua ..]


4. Il potenziamento delle misure di prevenzione

L’art. 2, l. n. 168/2023, interviene sul cod. antimafia, e più precisamente sulle misure di prevenzione applicate dall’autorità giudiziaria. Ponendosi sulla scia della strategia politico-criminale inaugurata nel 2017 e proseguita nel 2019, quando le ipotesi di c.d. pericolosità specifica furono integrate dalle categorie tipologiche dei soggetti indiziati dei delitti di stalking e di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), l’attuale riscrittura dell’art. 4, lett. i-ter, cod. antimafia, richiama altresì i soggetti indiziati dei delitti, consumati o tentati, di omicidio volontario e lesioni gravi o gravissime (artt. 575 e 583 c.p. [42]) purché commessi all’interno di una relazione familiare o affettiva (art. 577, comma 1, n. 1 e comma 2, c.p.), deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.) e violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) [43]. La modifica consente all’autorità giudiziaria di applicare anche alle nuove tipologie di destinatari che siano pericolose per la pubblica sicurezza le misure di prevenzione della sorveglianza speciale, dell’obbligo o del divieto di soggiorno [44], oltre che (teoricamente?) la confisca di prevenzione [45]. In generale, la sorveglianza speciale è disposta dal giudice della prevenzione su richiesta del questore, del procuratore nazionale antimafia, del procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona e del direttore della Direzione investigativa antimafia (art. 5 cod. antimafia). La misura, che ha una durata stabilita dal giudice tra un minimo di un anno e un massimo di cinque, consiste in una serie di prescrizioni funzionali al controllo dell’attività del proposto: alcune di queste sono previste dalla legge e sono obbligatorie, quali il «vivere onestamente e rispettare le leggi»; non allontanarsi dalla propria dimora senza il previo avviso all’autorità locale di p.s.; non associarsi abitualmente a persone che hanno subìto condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza; non accedere agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento, anche in determinate fasce orarie; non rincasare la sera più tardi e non uscire la mattina più presto di una data ora e senza comprovata [continua ..]


5. Modifiche relative agli effetti della violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari

A seguito del loro inserimento nell’alveo delle misure di prevenzione personali, il divieto di avvicinamento e l’obbligo di distanza dovrebbero essere ormai presenti in ogni ramo dell’ordinamento. Si è iniziato con la l. 4 aprile 2001, n. 154, che ha introdotto gli ordini di protezione contro gli abusi familiari, adottabili dal giudice civile su istanza di parte quando «la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente» (art. 342-bis c.c.) [51]. Con tali provvedimenti, il giudice ordina a chi ha tenuto la condotta pregiudizievole di porvi fine e ne dispone l’allontanamento dalla casa familiare. Accanto a questo contenuto indefettibile, può aggiungersi il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati da chi ha richiesto l’ordine di protezione, l’intervento dei servizi sociali, dei centri di mediazione familiare o delle associazioni volte a sostenere le vittime di abusi e maltrattamenti, e infine il pagamento di un assegno periodico a favore del convivente che sia rimasto privo di mezzi a seguito dell’adozione del provvedimento (art. 342-ter c.c.) [52]. Con la stessa l. n. 154/2001 ha fatto ingresso la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis c.p.p.), più volte modificata nel corso degli anni. Tale provvedimento impone all’im­putato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. In aggiunta, è possibile prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa «qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti», nonché ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi adeguati. A seguito dell’art. 12, comma 1, lett. c), l. n. 168/2023, quando si procede per una serie di delitti attinenti alla violenza di genere l’allontanamento dalla casa familiare può essere disposto anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall’art. 280 c.p.p. congiuntamente al braccialetto elettronico e alla [continua ..]


6. Disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena

L’art. 16 Conv. Istanbul prescrive l’adozione di «programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti». Tra questi, si sottolinea l’importanza dei «programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in particolare per i reati di natura sessuale». Nel valutare la situazione italiana, il Grevio ha sottolineato il ruolo limitato delle agenzie statali nel promuovere l’adesione ai programmi trattamentali e ha invitato il legislatore a valutare l’opportunità di configurare forme di partecipazione obbligatoria [67]. Rispetto a tali programmi va innanzitutto affrontata un’obiezione di fondo, che fa leva sulla lettura largamente prevalente dell’art. 27, comma 3, Cost.: l’ideale rieducativo andrebbe letto in funzione dell’assetto laico e pluralistico del nostro Stato costituzionale di diritto, e quindi non potrebbe mai mirare all’emenda morale del reo [68], alla trasformazione coattiva della personalità [69], all’imposizione delle «regole della maggioranza o, peggio, dell’ideologia dominante» [70], ma dovrebbe accontentarsi del «rispetto della legalità esteriore», e cioè della «capacità di vivere in futuro senza incorrere nella commissione di reati» [71]. Ebbene, sulla scorta di tali premesse si è autorevolmente osservato che i percorsi per contrastare la violenza di genere potrebbero giovare ad alcuni autori, in particolare quelli affetti da patologie psichiatriche o da anomalie della personalità, non anche a chi adotta modelli (sotto)culturali patriarcali e maschilisti che si distanziano dagli «standard etici di comportamento ispirati al principio della parità di genere e all’in­sieme dei valori oggi riconducibili all’ambito del politically correct» [72]. Sennonché, il paradigma teorico della legalità esteriore rischia di impoverire il concetto stesso di rieducazione, perché la sfera del rispetto delle regole non è facilmente separabile da quello della moralità, e quindi la stabilizzazione dell’attitudine a non ricadere nel delitto può essere pregiudicata in [continua ..]


NOTE

[1] Sul contributo che le (poche ma) agguerrite madri costituenti diedero all’implementazione del principio di uguaglianza tra i sessi, M. D’Amico, Una parità ambigua. Costituzione e diritti delle donne, Milano, Raffaello Cortina, 2020, p. 53 ss. Individua nel «principio costituzionale antisubordinazione di genere» la base giuridica del contrasto alla violenza di genere, B. Pezzini, L’Italia davanti alla Corte EDU per l’insufficiente protezione delle vittime della violenza di genere: una questione costituzionale, in Oss. cost., 6/2022, p. 279. Per una descrizione delle leggi e delle prassi sessiste che hanno caratterizzato l’ordinamento penale fino a un passato non così remoto, dal matrimonio riparatore all’omicidio e alle lesioni personali per causa d’onore (artt. 544 e 587 c.p., abrogati dalla l. 5 agosto 1981, n. 442), dallo ius corrigendi riconosciuto al marito nei confronti della moglie alla disapplicazione del delitto di violenza carnale in ambito familiare, cfr. M. Bertolino, Violenza e famiglia: attualità di un fenomeno antico, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, p. 1714 ss.; F. Basile, Violenza sulle donne e legge penale: a che punto siamo?, in Criminalia, 2018, p. 456 ss. [2] La Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, è stata aperta alla firma a Istanbul l’11 maggio 2011, ratificata dall’Italia il 10 settembre 2013, ed è entrata in vigore sul piano internazionale il 1° agosto 2014. Per un commento approfondito, M. Frulli-S. De Vido (ed. by), Preventing and Combating Violence Against Women and Domestic Violence. A Commentary on the Istanbul Convention, Northampton, Edward Elgar, 2023. [3] Cfr. il Preambolo alla Convenzione di Istanbul, nel quale gli Stati firmatari riconoscono altresì che tale violenza è «uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini». [4] In effetti, se sul piano normativo nulla esclude che anche gli uomini possano rientrare tra i soggetti passivi di tali reati (sull’opportunità di fattispecie incentrate sul genere, C. Pecorella, Violenza di genere e sistema penale, in Dir. proc. pen., 2019, p. 1184 ss.), di fatto nel periodo [continua ..]


Fascicolo 3 - 2024