Di fronte all’uso oramai generalizzato di telefoni cellulari dotati di funzioni sempre più sofisticate, la Corte di cassazione si sofferma sull’inquadramento dogmatico della trascrizione delle registrazioni di conversazioni effettuate sulla chat whatsapp – operate da uno degli interlocutori – e sul suo regime di utilizzabilità, disvelando inedite prospettive per un ripensamento del rapporto tra affidabilità ed invalidità della prova digitale.
The evidentiary use of whatsapp data between legislative gaps and avant-gardes case laws Faced with the now widespread use of mobile phones with increasingly sophisticated functions, the Supreme Court of Cassation is focusing on the dogmatic framework of the transcription of recordings of conversations made on the chat whatsapp – performed by one of the interlocutors – and its evidentiary use, revealing new perspectives for an afterthought regarding the relationship between reliability and exclusionary rule of digital evidence.
IL CASO
Con la sentenza che si annota la Corte di cassazione è stata chiamata a pronunciarsi, tra l’altro, sulle modalità acquisitive del contenuto di conversazioni svolte attraverso applicazioni per il mobile messaging installate all’interno di un telefono cellulare.
A tale specifico riguardo, invero, la difesa dell’imputato, condannato nei due precedenti gradi di giudizio per il delitto di atti persecutori commesso in danno della fidanzata minorenne, lamentava la mancata acquisizione, da parte del giudice di appello, della trascrizione di messaggi scambiati sul canale telematico denominato “whatsapp”, finalizzati a dimostrare, nell’ottica difensiva, la scarsa attendibilità della persona offesa.
Nel rigettare la censura proposta, i giudici di legittimità hanno definito «ineccepibile» la decisione della Corte territoriale, statuendo che la registrazione di conversazioni, operata da uno degli interlocutori, costituisce una prova documentale la cui utilizzabilità è, tuttavia, condizionata «dall’acquisizione del supporto – telematico o figurativo – contenente la menzionata registrazione», dal momento che la relativa trascrizione è destinata a svolgere «una funzione meramente riproduttiva del contenuto della principale prova documentale».
Nella prospettiva privilegiata, dunque, la trascrizione della registrazione di conversazioni whatsapp può essere veicolata all’interno del processo penale solo unitamente al relativo supporto contenente la registrazione stessa, ritenuto indispensabile al fine di “certificare” l’affidabilità della prova, onde garantire con certezza sia «la paternità delle registrazioni, sia l’attendibilità di quanto da esse documentato».
MOBILE FORENSICS E PROVA PENALE
Al di là di un giudizio critico sulla linea ermeneutica seguita dalla Corte, la pronuncia offre lo spunto per alcune considerazioni sui modi e limiti di acquisibilità dei dati conservati all’interno di apparecchi telefonici mobili [1]. Queste informazioni, infatti, sono oramai destinate a rappresentare lo strumento privilegiato per ricostruire i diversi aspetti della vita dei soggetti a vario titolo coinvolti nella vicenda processuale.
Diciamo subito che il telefono ha sempre trovato impiego nel processo penale al fine di accertare i fatti di reato. Negli ultimi decenni, poi, l’utilizzo di nuove tecnologie nell’ambito della telefonia mobile ha determinato un inarrestabile potenziamento delle funzioni dei dispositivi cellulari, consentendo di affiancare alle tradizionali forme di colloqui orali nuove metodologie di comunicazione che permettono di interloquire, attraverso la connessione on line, tramite messaggi di testo e multimediali, video, foto, e-mail. Tanto che la stessa [continua..]