L’utilizzo delle videoriprese nel processo non è oggetto di specifica disciplina legislativa. Tale lacuna è stata affrontata dalla giurisprudenza la quale, però, si è in prevalenza occupata di delineare gli argini entro cui l’autorità investigativa può realizzare riprese audiovisive, trascurando quelle effettuate al di fuori dal procedimento. L’assenza di regole circa l’utilizzo delle videoriprese non investigative non può, tuttavia, legittimare indiscriminate compressioni della riservatezza la cui tutela va necessariamente bilanciata con le esigenze dell’accertamento penale.
Not investigative video footage and privacy protection The use of video footage in the criminal trial is not specifically regulated, this regulatory gap has been filled by case-law, which, however, mainly dealt with identifying the limits within the investigating authority can perform video recordings, neglecting those realized outside criminal trial. The absence of rules about the use of not investigative video footage, can’t legitimize indiscriminate compressions of right to privacy whose protection must be balanced with the needs of criminal law assessment.
VIDEORIPRESE INVESTIGATIVE E PROVA DOCUMENTALE
Il fenomeno delle videoriprese ha subito una crescita vertiginosa negli ultimi decenni. L’utilizzo di strumenti idonei a realizzare riprese audiovisive è favorito dallo sviluppo di tecnologie ampiamente accessibili; si pensi alla frenetica diffusione degli smartphone, cui si affianca l’impiego di sistemi di videosorveglianza, che consentono, in ogni momento e luogo, di poter filmare qualsiasi evento.
Emerge il convincimento che un capillare (talvolta eccessivo) controllo delle condotte dei consociati sia in grado, da un lato, di prevenire la commissione di illeciti e, dall’altro, consente di individuare gli autori di condotte vietate [1]. L’utilizzo di filmati nel processo penale acquisisce, quindi, preminente rilevanza, trattandosi, secondo un determinato orientamento, di una prova a cui non è possibile rinunciare in quanto «portatore di certezze processuali» [2].
Tuttavia la materia in esame non è oggetto di specifica disciplina. Il vuoto normativo genera notevoli perplessità considerando anche i valori costituzionali in gioco; è innegabile che l’assenza di regole, tenuto conto dell’invasività dello strumento in questione, può pregiudicare, in modo indiscriminato, la riservatezza dell’individuo, la libertà personale (art. 13 Cost.), la libertà domiciliare (art. 14 Cost.), l’inviolabilità e la segretezza delle comunicazioni (art. 15 Cost.) [3].
La lacuna normativa è stata “colmata” dalla giurisprudenza [4] e dalla letteratura [5] che, con non poche difficoltà, hanno delineato le regole di impiego processuale delle videoriprese.
È ormai consolidato l’orientamento che distingue tra le videoriprese investigative, realizzate nel procedimento, e quelle effettuate al di fuori di esso [6].
Nella prima categoria rientrano le riprese audiovisive compiute dalla polizia giudiziaria, anche di iniziativa, mentre nella seconda quelle realizzate da soggetti privati o pubblici diversi dalle autorità inquirenti.
La disciplina delineata dalle Sezioni Unite [7] in tema di riprese investigative varia a seconda dei luoghi in cui le stesse sono effettuate. Nei luoghi pubblici, aperti o esposti al pubblico le videoriprese possono essere realizzate dalla polizia giudiziaria senza apparenti limiti; si tratta di documentare un’attività investigativa irripetibile (ad esempio osservazione e pedinamento, perquisizioni, ispezioni) [8]. Per quanto, in realtà, i filmati rappresentino una forma di documentazione integrale di attività d’indagine, essi sono considerati come prove atipiche, precisando che il contraddittorio, previsto dall’art. 189 c.p.p., non interviene ex ante, nel momento in cui occorre usare lo strumento tecnologico, [continua..]