Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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La vexata quaestio relativa alla pronuncia di prescrizione dopo l'annullamento parziale della sentenza: le Sezioni Unite fanno buona guardia (di Alessandro Diddi)


A partire dagli anni ’90, le sezioni unite hanno invertito la linea giurisprudenziale che consentiva di rilevare le cause sopravvenute di estinzione del reato allorquando la corte di cassazione avesse annullato la decisione impugnata limitatamente alla sola determinazione della pena. Nonostante la soluzione venga costantemente ribadita anche da recenti arresti, essa non è sempre applicata con coerenza e molte questioni restano irrisolte.

The United Chambers of the Court of Cassation confirms the inhibition to declare the extinction of the crime when a new trial – set after a “partial annulment”– occurs

When the contested decision is annulled before the Court of Cassation with sole regard to the determination of punishment, the judge responsible for the new determination can’t declare the extinction of the crime. Although this solution is definitely in line with the case law of the Court of Cassation since 1990, it would be worthwhile to consider the numerous sensitive issues yet unsolved.

    LO STATO DELLE COSE La recente sentenza delle sezioni unite sul noto caso c.d. Thyssenkrupp, nell’annullare con rinvio per la determinazione della pena in seguito alla ritenuta non configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 437 cpv c.p. e nell’affermare, conseguentemente, la definitività delle statuizioni afferenti la penale responsabilità degli imputati per il reato di disastro colposo (art. 437, comma 1, c.p.), di omicidio colposo (art. 589 c.p.) e di omessa apposizione delle cautele (art. 449 c.p.), ha categoricamente affermato che, per l’effetto, «dalla data della presente sentenza, il decorso del tempo è irrilevante ai fini della prescrizione» [1]. La corte, che ha profuso sforzi davvero encomiabili per fare il punto su una serie di problematiche quali il nesso di causalità, il dolo eventuale, la responsabilità dei componenti degli organi collegiali – tanto per citare alcune delle più rilevati problematiche affrontate – non ha, tuttavia, ritenuto di spendere nemmeno una parola per giustificare la citata conclusione. La ragione di tale scelta risiede, verosimilmente, nella solidità dell’orientamento giurisprudenziale formatosi, tale da non meritare di essere riconsiderato, se non attraverso un mero obiter dictum che, nella specie, funge da monito per il giudice del giudizio rescissorio a non discostarsi dall’osservanza dell’uniforme interpretazione della legge faticosamente raggiunta sul punto. La questione, infatti, era stata a lungo dibattuta nel vigore del codice 1930 e fu necessario l’inter­vento di ben sette decisioni delle sezioni unite [2] prima che riuscisse ad imporsi un ‘diritto vivente’ [3] inmerito alla portata della formazione progressiva del giudicato sulla parte della sentenza concernente l’affermazione della responsabilità ed al conseguente effetto preclusivo per il giudice di rinvio investito della sola determinazione della pena di dichiarare le cause sopravvenute di estinzione del reato. Sull’osservanza di questo approdo interpretativo, dunque, la corte oggi sembra esercitare un controllo nomofilattico particolarmente incisivo che, nel caso specifico, è andato addiruttura oltre a quanto prescrive l’art. 627 c.p.p. [4], in ordine al contenuto che deve assumere il principio di diritto cui si deve attenere il giudice del rescissorio e che testimonia l’attenzione che, sul punto, viene esercitata per scongiurare nuove derive giurisprudenziali. Recentemente, peraltro, la corte di cassazione, oltre a ribadire il proprio indirizzo, ha pure dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata con riferimento all’art. 624 c.p.p. per violazione degli art. 27, comma 2 e 111 Cost., là dove non è consentito rilevare la [continua..]

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