Negli ultimi anni, una parte della giurisprudenza ha configurato un’inedita forma di preclusione in materia cautelare, tale da produrre i suoi effetti nel giudizio principale di merito.
La pronuncia offre l’occasione per analizzare il contrasto giurisprudenziale sul tema e interrogarsi sulle ragioni di questo cambiamento. L’intento è, inoltre, quello di delineare i caratteri della nuova fattispecie preclusiva e, in ultima analisi, di comprendere se questa possa essere considerata legittima.
The last step in establishing precautionary estoppels: precautionary proceedings can affect the proceedings on the merits of the case Over the last few years, part of the judiciary has established a new form of precautionary estoppel, causing effects on the main proceedings.
The judgment provides an opportunity to analyze the divergences on the subject and to look for the reasons of this change. Furthermore, the purpose is to describe the features of this new estoppel, and, finally, to understand whether it is legitimate or not.
PREMESSA
La decisione in commento rappresenta un’ulteriore emersione di una tendenza giurisprudenziale che, spinta dal fine di assicurare la ragionevole durata del processo, individua preclusioni all’esercizio di facoltà e di poteri delle parti, laddove non previste dalla legge [1].
Difatti, questa pronuncia si inserisce in un recente orientamento che, in prima approssimazione, ritiene che le questioni sull’inutilizzabilità emesse in sede cautelare de libertatedalla Corte di cassazione siano vincolanti, rebus sic stantibus, per il giudice del procedimento principale, portando così alle estreme conseguenze gli effetti dell’istituto, di origine pretoria, del cosiddetto “giudicato cautelare”.
In particolare, fin dai primi anni di applicazione del nuovo codice di procedura penale [2] – oltretutto in linea di continuità con un filone giurisprudenziale sorto verso la fine della vigenza del codice Rocco [3] – la materia cautelare ha costituito il primo banco di prova di elaborazione da parte della giurisprudenza di una preclusione al fine di colmare una lacuna normativa, chiamata, appunto, “giudicato cautelare” o “ne bis in idem cautelare” [4].
Tale fattispecie preclusiva è stata configurata con una finalità endoprocessuale, ossia quella di impedire la reiterazione delle medesime questioni all’interno del procedimento incidentale [5], ed era pacifico che non potesse esplicare i suoi effetti al di fuori di tale materia. Con la pronuncia in esame, e, più in generale, con l’orientamento giurisprudenziale da questa condiviso, si assiste a una svolta: vi sarebbe un’ipotesi di preclusione cautelare tale da impedire la reiterazione di una questione di diritto processuale nel giudizio principale di merito.
Occorre anticipare che questo cambio di impostazione è sintomo di un mutamento più profondo del modo di intendere i rapporti tra giudizio incidentale e principale, da sempre informati ai principi di autonomia e di minima interferenza [6]. Si riteneva, infatti, da un lato, che il procedimento cautelare non potesse mai esplicare un’efficacia preclusiva su quello principale di merito [7], dall’altro, che le decisioni di quest’ultimo potessero essere vincolanti per il primo in presenza del cosiddetto “principio di assorbimento”, ossia qualora contenenti una valutazione più ampia e profonda di quella da effettuare in sede cautelare [8].
IL CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE
D’altra parte, l’approdo che valorizza la preclusione non è affatto pacifico, poiché vi sono più sentenze della Corte di cassazione che continuano a sostenere il contrario [9].
Emerge, quindi, come la decisione in commento si collochi all’interno di un panorama giurisprudenziale controverso; [continua..]