Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Il silenzio dell'imputato si ritorce contra se


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE II, SENTENZA 21 DICEMBRE 2017, N. 57152 – PRES. GALLO; REL. CIANFROCCA

Nella formazione del libero convincimento, il giudice può ben considerare, in concorso di altre circostanze di indubbio segno accusatorio la portata significativa del silenzio mantenuto dall’imputato interrogato su circostanze in cui potrebbe fornire indicazioni di dati potenzialmente idonei a scagionarlo. Se è nella stessa dinamica del sistema processuale che l’imputato possa astenersi dal fornire risposte su fatti leggibili contra se ovvero fare dichiarazioni contrarie al vero e, ancora, negare la propria responsabilità anche contro l’evidenza, stante il principio nemo tenetur se detegere, al giudice non resta non di meno precluso valutare la condotta processuale del giudicando alla luce delle emergenze obiettive

> < [Omissis]   1. La Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza con cui il GUP aveva dichiarato (omissis) colpevole del delitto di tentata rapina in concorso (per aver compiuto atti idonei, diretti in modo in equivoco, a sottrarre il veicolo Smart a (omissis), non riuscendo nell’intento a causa del tempestivo intervento delle forze dell’ordine ad avendo usato violenza contro uno degli operanti al fine di sottrarsi all’arresto ed assicurarsi in tal modo l’impunità) e lo aveva condannato alla pena finale (con la riduzione per la scelta del rito abbreviato) di anni due di reclusione ed Euro 400 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; 2. ricorre per Cassazione, tramite il proprio difensore, (omissis) lamentando, con un unico articolato motivo, mancanza o illogicità della motivazione (art. 606 c.p.p., lett. e)) della sentenza della Corte di Appello; in particolare, rileva che l’unico elemento che aveva consentito di identificarlo, nella ipotesi di accusa, come la persona a bordo della autovettura Smart sottratta alla proprietaria e che, ad un certo punto, aveva abbandonato per salire a bordo della Opel condotta dal complice e darsi con costui alla fuga, era stato un frammento di impronta papillare rinvenuta sul vetro interno del lato passeggero; segnala, quindi, che la Corte di Appello, investita sul punto di uno specifico motivo di appello, aveva liquidato la censura formulando mere ipotesi, peraltro del tutto inverosimili ed evocative di condotte contrarie ad ogni logica, non potendosi inoltre porre a carico dell’imputato la scelta processuale del silenzio. 3. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato. 3.1 Va rilevato, infatti, che, replicando al motivo di appello articolato sul punto dalla difesa del (omissis), la Corte di Appello sottolineava, da un lato, la riconducibilità dell’impronta papillare al prevenuto (circostanza che, è bene sottolinearlo, non è mai stata messa in dubbio né con l’appello e nemmeno con il presente ricorso); per altro verso, il particolare secondo cui l’impronta era stata rinvenuta all’interno e non già all’esterno della vettura, prova inconfutabile che il (omissis) non aveva potuto lasciarla impressa se non salendovi a bordo; da ultimo, la mancanza di ogni alternativa plausibile a quella secondo cui era stato proprio l’imputato a tentare di impossessarsi del veicolo dandosi poi alla fuga ed abbandonandolo a seguito del tempestivo intervento sul posto delle forze dell’ordine. 3.2 Ebbene, è sulla scorta di tali rilievi che sarebbe stato allora onere dell’imputato fornire una spiegazione purchessia circa la origine dell’impronta papillare rinvenuta all’interno del veicolo ed a lui pacificamente (ed incontestatamente) riferibile. Correttamente, allora, in mancanza di ogni spiegazione sul punto, il Tribunale e, poi, [continua..]

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Fascicolo 5 - 2018