IL RICORSO PER CASSAZIONE, AVVERSO QUALSIASI TIPO DI PROVVEDIMENTO, NON PUÒ ESSERE PERSONALMENTE PROPOSTO DALLA PARTE MA DEVE ESSERE SOTTOSCRITTO DAL DIFENSORE
(Cass., sez. un., 23 febbraio 2018, n. 8914)
La Suprema Corte è stata chiamata a decidere se, a seguito delle modifiche apportate dalla l. n. 103 del 2017, permanga in capo all’imputato la legittimazione a proporre personalmente ricorso in materia di misure cautelari personali, ai sensi dell’art. 311 c.p.p.
La Quinta sezione penale ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, sostenendo che la regola della necessaria assistenza tecnica prevista dall’art. 613, comma 1 c.p.p. deve intendersi riferita, in ragione della collocazione di tale disposizione, al ricorso per cassazione avverso le sentenze o i provvedimenti con efficacia definitoria di procedimenti principali ed autonomi. Ne consegue, dunque, che il ricorso proposto avverso le ordinanze emesse nell’ambito del procedimento cautelare trova la sua specifica regolamentazione nell’art. 311 c.p.p., il cui testo è rimasto immutato, continuando a contemplare per l’imputato la facoltà di sottoscrivere personalmente il ricorso, in sintonia con la regola generale di cui all’art. 571, comma 1 c.p.p. Secondo l’esegesi fornita dall’ordinanza di rimessione la disposizione di cui all’art. 571 del codice di rito costituisce norma di carattere generale, mentre quella contenuta nell’art. 613 rappresenta una deroga applicabile al solo ricorso ordinario per cassazione, non valevole per le residue ipotesi in cui la possibilità di proporre tale mezzo di impugnazione viene espressamente prevista con riferimento a subprocedimenti incidentali o del tutto autonomi rispetto a quello di merito (Cass., sez. V, ord. 2 novembre 2017).
Un diverso orientamento interpretativo, delineato con riferimento al ricorso per cassazione personalmente proposto dal destinatario di un mandato d’arresto europeo ai sensi dell’art. 22, l. n. 69 del 2005, sostiene, invece, che la previsione contenuta nel novellato art. 613 c.p.p. abbia valenza di carattere generale, applicabile in quanto tale a tutte le ipotesi, codicistiche ed extracodicistiche (Cass., sez. VI, 15 settembre 2017, n. 42062; Cass., sez. VI, 6 novembre 2017, n. 51292). A tale prospettiva ermeneutica si ascrive, altresì, la pronuncia della Quinta sezione, che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per cassazione personalmente proposto dall’indagato in materia cautelare. Secondo tale pronuncia, infatti, il mancato intervento legislativo sull’impianto codicistico cautelare trova giustificazione nella non necessarietà della previsione, a fronte di una disciplina generale prevista dall’art. 613 c.p.p. (Cass., sez. V, 7 novembre 2017, n. 53203). Ugualmente, si ritiene inammissibile il ricorso per cassazione proposto personalmente dal [continua..]