Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le Sezioni Unite escludono la rilevabilità della prescrizione in relazione ai capi della sentenza oggettivamente complessa im­pugnati con motivi inammissibili


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE, SENTENZA 27 MAGGIO 2016, N. 6903 – PRES. CANZIO; REL. CAMMINO

In caso di ricorso avverso una sentenza di condanna che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali l’impugnazione sia inammissibile e preclude per detti reati, in relazione ai quali si è formato il giudicato parziale, la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello.

> < [Omissis]     RITENUTO IN FATTO   Il Tribunale di Genova, con sentenza del 9 ottobre 2014, dichiarava A.A. colpevole di due distinti reati di falsa testimonianza, commessi, il primo, deponendo dinanzi al Tribunale di Genova all’udienza dell’(OMISSIS) nella qualità di persona offesa dal reato di estorsione nel processo penale n. 4928/06 R.G. a carico di D.M. (capo A) e, il secondo, deponendo all’udienza del (OMISSIS) dinanzi al Tribunale di Genova nel procedimento n. 2186/06 R.G. relativo all’impugnativa del licenziamento del D. da parte del datore di lavoro Cetena s.p.a. (capo B). Il Tribunale, ritenuta la continuazione tra i reati e riconosciute le circostanze attenuanti generiche, condannava l’A., con i benefici della sospensione condizionale e della non menzione nel certificato del casellario, alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, oltre al risarcimento del danno, da liquidare separatamente, in favore della parte civile D.M. cui veniva riconosciuta una provvisionale nella misura di 10.000 Euro. L’imputato, titolare della Sicom s.r.l., era stato chiamato a testimoniare nei due procedimenti avendo denunciato il D., dipendente della Cetena s.p.a., che a suo dire gli aveva chiesto la somma di 1.200 Euro per sbloccare il pagamento di una fattura relativa ad una fornitura alla soc. Cetena, con la minaccia in caso di mancato pagamento di ostacolare i rapporti commerciali tra le due società. Il D. era stato arrestato in flagranza del reato di estorsione e aveva giustificato il possesso del denaro ricevuto dall’ A. sostenendo che si trattava del compenso dovutogli per prestazioni lavorative rese al di fuori dell’orario di lavoro presso la soc. Cetena. Condannato in primo grado in ordine al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e in appello assolto da detto reato per insussistenza del fatto, il D. era stato licenziato dalla soc. Cetena ed aveva impugnato il licenziamento. Nel corso delle deposizioni testimoniali rese dinanzi al Tribunale di Genova, l’A. aveva dichiarato di non aver mai fatto regalie ai dipendenti della soc. Cetena e, in particolare, al D. ed aveva escluso categoricamente che il D. avesse mai svolto attività lavorativa per suo conto, avendolo solo aiutato, per un paio di ore, in occasione di un trasloco. La Corte di appello di Genova, con sentenza in data 2 luglio 2015, ha riformato la sentenza di primo grado limitatamente alla condanna al pagamento della provvisionale, che è stata eliminata, ed ha confermato le restanti statuizioni. Avverso la predetta sentenza l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione. 3.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606 c.pp., comma 1, lett. b) ed e), la violazione degli artt. 192 e 530 c.p.p. e il vizio della motivazione nella parte in cui il giudice di merito aveva affermato la falsità delle dichiarazioni [continua..]

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Fascicolo 4 - 2017