Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte individua lo strumento attivabile dai terzi estranei al giudizio destinatari del provvedimento di confisca disposto con sentenza di primo grado. La soluzione appare condivisibile, ma non garantisce rispetto ad ogni possibile impatto negativo del provvedimento sulla posizione soggettiva del terzo. La necessità di assicurare all’extraneus una tutela effettiva rende non più procrastinabile un intervento legislativo volto al superamento della parcellizzazione normativa in materia di confisca.
Seizure, confiscation and third party rights: is there a judge in Berlin? With this judgment the Supreme Court ruled on the matter of the tool that third parties can lodge to challenge confiscation decisions. Such Supreme Court decision appears reasonable, even though some relevant issues remain at stake. However, only the law-maker can loosen such situation, passing an act that regulates, homogeneously, the issue of confiscation.
LA QUESTIONE CONTROVERSA
La sentenza in commento risolve un contrasto giurisprudenziale, sollevato dalla Prima sezione penale, con ordinanza del 21 febbraio 2017, n. 23322 [1], in ordine alla legittimazione dei terzi proprietari del bene confiscato, rimasti estranei al giudizio di cognizione, ad esperire l’incidente di esecuzione prima dell’irrevocabilità della sentenza che contenga la statuizione di confisca.
Occorre premettere che, nel caso di specie, la Corte di appello di Napoli, rigettando l’opposizione dei terzi interessati, aveva implicitamente ritenuto ammissibile l’incidente di esecuzione, pur se la pronuncia con cui era stata disposta la confisca, preceduta da un provvedimento di sequestro preventivo emesso ex art. 12-sexies, d.l. 353 del 1992, non era ancora divenuta definitiva.
La Corte territoriale aveva quindi mostrato di aderire all’orientamento più risalente della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, in caso di confisca disposta con sentenza, mentre l’imputato può impugnare la decisione ai sensi dell’art. 579, comma 3 c.p.p., il terzo intestatario del bene, extraneus rispetto al processo di cognizione, non avrebbe altra via che quella di rivolgersi al giudice dell’esecuzione, da individuare, prima del passaggio in giudicato della sentenza, nel giudice della cognizione, chiamato ad applicare analogicamente la disciplina prevista per il provvedimento irrevocabile.
Ed è proprio l’ammissibilità di questo rimedio a costituire la questione controversa rimessa alle Sezioni Unite.
Secondo la tesi seguita dalla corte di merito, infatti, la tutela dei diritti dei terzi sarebbe assicurata, sia in caso di confisca, sia in ipotesi di sequestro, dal rimedio di cui all’art. 263 c.p.p. Nel corso del giudizio, quindi, il terzo potrebbe avanzare richiesta di restituzione del bene, proponendo, avverso il decreto reiettivo del pubblico ministero, opposizione al giudice che procede, il quale provvede a norma dell’art. 127 c.p.p. La disciplina applicabile andrebbe individuata, per via analogica, in quella di cui agli artt. 676, comma 1 e 667, comma 4 c.p.p., che, per il procedimento di esecuzione, regola l’instaurazione del contraddittorio e l’eventuale proposizione del ricorso per cassazione. Una volta divenuta definitiva la sentenza, lo strumento proponibile sarebbe l’incidente di esecuzione [2].
Altra parte della giurisprudenza, però, muovendo dal disposto dell’art. 323, comma 3 c.p.p., esclude che sia possibile la restituzione del bene dopo la sentenza di condanna, anche non definitiva. La perdita di efficacia del sequestro, e la connessa restituzione della res, è infatti disposta solo in caso di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, salvo la confisca ex art. 240 c.p., mentre in caso di condanna gli effetti del sequestro [continua..]