Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Prescrizione del reato e revoca delle statuizioni civili: "nuove" frontiere in materia di impugnazioni da parte del pubblico ministero (di Matteo Rampioni (Dottore di ricerca in Procedura penale – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”))


L’impostazione esegetica in esame consente al pubblico ministero di ricorrere contro il provvedimento di revoca delle statuizioni civili per l’intervenuta prescrizione del reato nonostante il suo interesse ad impugnare abbia natura pubblicistica.

Statue of limitations and withdrawal of civil provisions: "new" frontiers in matter of appeals by the Prosecutor Office

The exegetical setting under consideration allows the Public prosecutor Office to appeal against the decision to withdraw the civil provisions for statute of limitations, despite the own interest has public nature.

LA QUESTIONE Con la sentenza in esame si torna sul principio “d’immanenza” della parte civile nel processo penale, deducendo la possibilità (anche) per il Procuratore generale di impugnare mediante ricorso per Cassazione (lamentando la violazione di legge) la sentenza di appello con cui si revoca la costituzione per l’intervenuta prescrizione del reato. Se rispetto al cd. principio “d’immanenza” non paiono individuarsi, così come peraltro ampiamente sottolineato dallo stesso provvedimento («è stato chiarito, infatti, che la disposizione di cui all’art. 82, comma 2, c.p.p. opera solo per il processo di primo grado quando, nel caso di mancata presentazione delle conclusioni, non si determina il petitum sul quale il Giudice possa pronunciarsi, mente invece, le conclusioni rassegnate in primo grado restano valide in ogni stato e grado del processo in forza di quanto stabilito dall’art. 76, comma 2, c.p.p.»), particolari problematiche interpretative [1], i maggiori profili di incertezza gravitano attorno all’interesse ad impugnare le sole questioni civili da parte del pubblico ministero . L’INTERESSE AD IMPUGNARE: CENNI Come è noto, le impugnazioni costituiscono il mezzo mediante cui ottenere una nuova pronuncia in ordine ad una precedente statuizione ritenuta sfavorevole [2]. La materia è governata dal principio di tassatività enunciato dall’art. 568 c.p.p. (rubricato per l’ap­punto «regole generali») che stabilisce, al primo comma, «i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti ad impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati» (la cd. impugnabilità oggettiva), al terzo e quarto comma invece, «il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce. Se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse. Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse». L’interesse ad impugnare rappresenta l’aspetto dinamico dello jus impugnandi [3], individua, cioè, l’onere a carico dell’impugnante di manifestare al giudice il vantaggio ricavabile dal gravame [4]. La norma di riferimento, che ricalca essenzialmente l’abrogato art. 190, comma 4, c.p.p. 1930 (eliminando solo l’inciso «in ogni caso»), contempla un concetto appartenente ad una formula ampiamente utilizzata nel processo civile, dove l’interesse all’impugnazione si identifica nella “soccombenza” [5] di una delle parti. Tale termine (soccombenza) presuppone, da un lato, l’esistenza di un processo contenzioso caratterizzato «da una lite intesa come conflitto di interessi» [6], dall’altro, la perdita del processo di una delle parti, per l’appunto il [continua..]

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Fascicolo 5 - 2018