Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Revoca della misura interdittiva e interesse ad appellare


L’appello avverso una misura interdittiva, che nelle more sia stata revocata a seguito delle condotte riparatorie ex art. 17 d.lgs. n. 231 del 2001, poste in essere dalla società indagata, non può essere dichiarato inammissibile de plano, secondo la procedura prevista dall’art. 127, comma 9, c.p.c., ma, considerando che la revoca può implicare valutazioni di ordine discrezionale, deve essere deciso nell’udienza camerale e nel contraddittorio tra le parti, previamente avvisate. La revoca della misura interdittiva di-sposta a seguito delle condotte riparatorie poste in essere ex art. 17 d.lgs. n. 231 del 2001, intervenuta nelle more dell’appello cautelare proposto nell’interesse della società indagata, non determina autonomamente la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione.

[Omissis]   RITENUTO IN FATTO   1. Il Tribunale del riesame di Roma con l’ordinanza indicata in epigrafe ha dichiarato inammissibile, inaudita altera parte, per carenza di interesse all’impugnazione, l’appello proposto dal procuratore speciale della (omissis) avverso l’ordinanza con la quale, in data 31 maggio 2017, era stata applicata alla predetta società la misura cautelare del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per il periodo di un anno. Il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’appello, in considerazione dell’in­ter­venuta revoca della misura cautelare interdittiva, disposta dal Tribunale di Roma, sezione feriale, in data 1 agosto 2017, con provvedimento reso ai sensi degli artt. 17 e 49, comma 4, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. 2. Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione la società (omissis), deducendo l’erronea applicazione dell’art. 127, comma 9, cod. proc. pen. Nel ricorso si evidenzia che la revoca della misura interdittiva è intervenuta dopo la proposizione dell’appello cautelare, di talché il Tribunale avrebbe dovuto celebrare l’udienza camerale nel contradditorio delle parti e valutare l’originaria sussistenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari. Al riguardo, l’esponente rileva che la società, al fine di ottenere la sospensione della misura interdittiva, ha dovuto elaborare e dare attuazione ad un piano strategico e depositare rilevanti somme di denaro in favore di (omissis) e del Fondo unico per la giustizia; che il Tribunale di Roma, sezione feriale, ha disposto la revoca della misura interdittiva sulla base della verifica degli adempimenti ex art. 17 d.lgs. 231 del 2001 citato, senza valutare la sussistenza delle condizioni legittimanti l’adozione della misura cautelare; che nel corso del procedimento la società ha contestato sia l’originaria sussistenza dei gravi indizi dell’illecito amministrativo sia il pericolo di recidiva; che la permanenza dell’interesse ad impugnare è resa ancor più concreta dalla entità delle cauzioni e delle ulteriori somme versate, al fine di dimostrare l’insussistenza del profitto. L’esponente osserva che l’annullamento del provvedimento cautelare genetico determinerebbe per la società la possibilità di ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato. 2.1. Con successiva memoria contenente motivi aggiunti, la società ricorrente evidenzia plurime ulteriori ragioni di ordine sostanziale sottese all’interesse all’annullamento ex tunc del provvedimento interdittivo, anche in riferimento alla stessa configurabilità delle ipotesi di corruzione contestate ad (omissis), quale autore del reato presupposto. Con l’atto di appello era stata dedotta [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio