Con la sentenza n. 82 del 2019, la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità dell’art. 517 c.p.p., per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena, a norma dell’art. 444 c.p.p., relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell’istruttoria e che forma oggetto di nuova contestazione.
> < [Omissis] RITENUTO IN FATTO 1.– Il Tribunale ordinario di Alessandria, con ordinanza del 25 ottobre 2017, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 517 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena, a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale e che forma oggetto di nuova contestazione. 1.1.– Premette il giudice rimettente che, nel corso del dibattimento, all’esito di perizia balistica, era emerso che i tre fucili oggetto della imputazione di illecita detenzione di arma comune da sparo di cui agli artt. 2 e 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895 (Disposizioni per il controllo delle armi), contestata al capo b), – all’imputato era stata contestata anche una contravvenzione in materia di rifiuti, rubricata sotto il capo a) nonché il reato di tentata violenza privata, rubricata sotto il capo c) – erano da considerarsi armi da sparo atte all’impiego; ma era altresì emerso che uno dei tre fucili recava la matricola abrasa e non meramente illeggibile, come riferito dall’ufficiale di polizia giudiziaria esaminato nel di– battimento. In relazione a detta arma, pertanto, il pubblico ministero procedeva alla contestazione del reato di cui all’art. 23, terzo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), in quanto arma clandestina (capo d), ed alla correlativa contestazione del delitto di ricettazione della medesima arma (capo e). In riferimento a tali nuove contestazioni, l’imputato formulava richiesta di applicazione della pena, indicando il relativo trattamento sanzionatorio e subordinando la richiesta stessa alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. A fronte di tale richiesta – ha puntualizzato il giudice a quo – il pubblico ministero ha negato il proprio consenso, in quanto, trattandosi di nuove «contestazioni fisiologiche e non patologiche», esse non consentirebbero «la remissione in termini per il patteggiamento», alla luce dei principi affermati nella sentenza di questa Corte n. 265 del 1994. A questo punto, il Tribunale, su accordo delle parti, disponeva lo stralcio dei reati di cui ai capi a) e c) che venivano separatamente definiti con sentenza. Nel ritenere corretta la qualificazione giuridica delle nuove contestazioni elevate dal pubblico mini– stero e non sussistendo i presupposti per l’adozione di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., il giudice a quo reputa dunque astrattamente accoglibile la richiesta di [continua..]