Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo leggi articolo leggi fascicolo


Profili processuali della riforma penale-tributaria (di Alessandro Diddi)


Le modifiche introdotte dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, solo in apparenza marginali, riguardano la disciplina processuale del patteggiamento (che può essere richiesto solo in presenza dell’estinzione delle obbligazioni tributarie) e della confisca, diretta e per equivalente (adottabile per tutti i reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000).

Il quadro generale risultante dalla riforma fa registrare un’ipertrofia punitiva non più compatibile con il principio del ne bis in idem e un intreccio tra sistema sanzionatorio amministrativo e penale di difficile lettura.

The questionable choices of the latest tax offences’ reform in the light of criminal procedure law

D.lgs. 158/2015, while following the goal of preventing and combating tax offences, has exasperated the interweaving between administrative punitive measures and the criminal punishment system, which has negative effects on the ne bis in idem principle.

The complex patchwork of the two different systems will probably provide a worse framework for practitioners to deal with.

 

RILIEVI INTRODUTTIVI Nel quadro dell’attuazione della delega contenuta nell’art. 8, comma 1, legge 11 marzo 2014, n. 23 attraverso la quale il Governo è stato chiamato a procedere alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti e alla revisione del sistema sanzionatorio amministrativo, due interventi hanno riguardato anche alcuni profili processuali. L’art. 12 d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ha introdotto l’art. 13-bis nel d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, prevedendo che per i delitti di cui al decreto medesimo l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. possa essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1 dell’art. 13 – vale a dire quando l’imputato abbia adempiuto le diverse obbligazioni tributarie connesse all’illecito – nonché quando l’interessato abbia fatto ricorso al ravvedimento operoso. Apparentemente si tratta della mera riedizione di quanto già statuiva l’art. 13, comma 2-bis, del d.lgs. n. 74/2000 [1], che, appunto, per la prima volta, aveva previsto per la definizione del giudizio attraverso il patteggiamento la refusione del debito tributario a carico degli imputati nei modi previsti dall’art. 13 del medesimo decreto. Come si vedrà, tuttavia, non si tratta di una mera ricollocazione ‘geografica’ della disposizione dal momento che, per effetto delle modifiche introdotte al sistema delle circostanze, ma soprattutto a seguito dell’introduzione di una inedita causa di non punibilità per determinati reati in conseguenza dell’attuazione di condotte riparatorie, è lo stesso regime del patteggiamento a risultarne sensibilmente condizionato. Gli artt. 10 e 13, poi, hanno, rispettivamente, disciplinato il regime della confisca – diretta o per equivalente – del profitto o del prezzo conseguiti attraverso i reati previsti dal d.lgs. 74/2000 e dato attuazione ad uno specifico punto della legge delega che aveva demandato all’esecutivo di definire le modalità di custodia giudiziale dei beni sequestrati nell’ambito di procedimenti penali relativi a delitti tributari. Anche con riferimento a tale punto della novella le modifiche non sembrano poter essere ridotte ad una mera operazione di restyling. Come noto, il comma 143 dell’art. 1, legge 24 dicembre 2007, n. 244 [2], abrogato dall’art. 14 d.lgs. n. 158/2015, aveva per la prima volta dettato disposizioni in materia di confisca per equivalente in caso di reati tributari. Tali disposizioni, oggi, vengono recepite all’interno del d.lgs. n. 74/2000. Anche in questo caso nell’opera di sistemazione della materia, sono state inserite alcune varianti, che, sebbene all’apparenza di poco conto, [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio


Fascicolo 2 - 2016