Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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L'autorizzazione del procuratore della Repubblica all'accesso presso i locali del contribuente: natura e regime giuridico (di Teresa Alesci)


La Suprema Corte ribadisce la natura amministrativa dell’autorizzazione emessa dal procuratore della Repubblica ex art. 52 del d.p.r. 633/1972, in materia di violazioni tributarie, ed esclude l’esperibilità della richiesta di riesame avverso tale provvedimento. La soluzione prospettata dalla Corte, tuttavia, mostra delle criticità in ordine alle sanzioni processuali penali applicabili in caso di irregolarità dell’autorizzazione.

The Public Prosecutor’s authorization to access into the premises of taxpayer: legal nature

Supreme Court confirms the administrative nature of the Prosecutor’s authorization in tax law and excludes any challenge against that decision. The solution shows some criticality.

IL CASO La sentenza in commento trae origine da un ricorso per Cassazione presentato dal difensore dell’in­dagato avverso la decisione del riesame, che confermava il provvedimento di “sequestro probatorio”. In particolare, si censurava la mancanza di motivazione sui presupposti del provvedimento, emesso ai sensi dell’art. 52 del d.p.r. 633/1972. La Terza Sezione ha dichiarato inammissibile il ricorso, perché avente ad oggetto un provvedimento che non costituisce valida decisione di una richiesta di riesame e in quanto tale non impugnabile con ricorso per Cassazione. La sentenza in commento offre molteplici spunti di riflessione e consente di analizzare diverse questioni. Da un lato, la natura del provvedimento de quo ed il rapporto tra procedimento tributario e penale, focalizzando l’attenzione sulle conseguenze delle violazione delle prescrizioni tributarie. Dall’altro, la pronuncia consente di svolgere alcune considerazioni sulla tassatività dei mezzi di impugnazione e sui provvedimenti che possono essere oggetto di riesame. LA NATURA GIURIDICA DEL PROVVEDIMENTO EX ART. 52 D.P.R. N. 633/1972 La specificità del caso sottoposto alla valutazione della Suprema Corte attira l’attenzione sui poteri istruttori attribuiti all’amministrazione finanziaria, aventi ad oggetto accessi, ispezioni e verifiche. Essi sono disciplinati dall’art. 52 del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633 in tema di IVA, integralmente richiamato, per le imposte sui redditi, dall’art. 33 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 [1]. Tale disciplina trova il proprio fondamento negli artt. 13 e 14 della Costituzione, relativi all’invio­labilità della libertà personale e del domicilio [2]. L’art. 14, pur sancendo l’inviolabilità del domicilio, detta una disciplina sostanzialmente divergente rispetto a quella prevista dall’art. 13 Cost., poiché introduce una vistosa eccezione al principio della riserva giurisdizionale. Il comma 3, infatti, consente di applicare in via amministrativa atti limitativi della libertà domiciliare per motivi di sanità, di incolumità pubbliche o per motivi economici-fiscali [3]. Senza pretese di esaustività in questa sede, l’accesso, ex art. 52 cit., si sostanzia nell’ingresso e nella permanenza, anche contro la volontà dell’interessato, in locali ed ambienti al fine di eseguirvi le operazioni richieste dallo specifico servizio [4]; l’ispezione, invece, si concretizza nell’esame delle scritture contabili e più in generale di tutta la documentazione rilevante ai fini impositivi. Sui limiti e sulle modalità di attuazione dell’ispezione si registra un vivace dibattito in dottrina. Secondo alcuni, tale ispezione, pur rientrando nell’ambito di un’attività amministrativa a [continua..]

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