Il terrorismo e le minacce cybernetiche stanno determinando una trasformazione degli equilibri tra sistema repressivo e preventivo (Intelligence), portando ad una crescente interazione investigativa ed inediti scambi di informazione.
Questa trasformazione è agevolata da alcuni fattori: le legislazioni sovranazionali, l’arretramento della soglia di punibilità del procedimento penale, la centralità dei servizi di intelligence, la creazione di organismi comuni di indagine.
La ricerca ha l’intento di delineare lo stato dell’arte e di abbozzare alcune prevedibili criticità, in ragione della mancanza di una normativa adeguata alla realtà investigativa prodotta dal contrasto ai pericoli determinati dal terrorismo e dagli attacchi cybernetici.
Criminal justice and intelligence in Italy: an increasing involvement, restricted by the law Criminal justice and Intelligence refer to different government. The first deals with the punishment of crimes. Intelligence focuses on the collection analysis and distribution of data that affect national security.
Even if they offer their own unic challenges, they are more and more closer. Terrorism and cyber attack have led to a mixing of function and activity to and increasing information screening with system.
Such developments are not without countroversy and are far from adequate regulation.
PREMESSA
Autorevolmente si è scritto che, in una società tecnologicamente avanzata, il diritto rischia di perdere quella che, tra le sue funzioni, è sempre stata considerata l’unica ed esclusiva: la funzione repressiva. Il pericolo viene individuato nella trasformazione del modo di contrastare e combattere il crimine anticipandone l’intervento in fase preventiva. Si dice che la scienza penalistica, al pari di quella medica, è ormai impegnata ad “evitare le malattie piuttosto che curarle o guarirle” [1].
La premessa non è sbagliata. Per secoli, la giustizia penale ha esercitato una funzione terapeutica, sviluppando tutte le sue potenzialità nel ricostruire il reato e nell’applicare le pene, con più o meno tradizionali mezzi di accertamento e coazione. Di contro, la tendenza degli ultimi anni è di attribuire alla giustizia penale anche una funzione preventiva, atta ad “anticipare” il crimine, contribuendo ad organizzare la risposta statale secondo modi, forme e strutture nuove che allontanano il diritto penale (generalmente inteso) dalla sua immagine tradizionale. Se questo è vero, non si è altrettanto sicuri di essere al cospetto di una “perdita” o di un “depauperamento” del diritto; forse sarebbe meglio parlare di trasformazione [2]. Si apre uno scenario inedito e si paventa una sfida nuova per il processual-penalista.
Questa sfida, è bene dirlo sin da subito, non è quella di valutare l’opportunità ideologica di tale cambiamento. Purtroppo, in Italia, le scelte ideologiche (di politica criminale) non anticipano mai le modifiche “di fatto”, piuttosto le seguono e finiscono per dipendere dai risultati (danni o successi) cui queste portano. Oggi, le modifiche ci sono, le trasformazioni si stanno attuando, sotto la pressione del legislatore sovranazionale, delle nuove chances investigative offerte dal progresso tecnico-scientifico, delle emergenze terroristiche e cibernetiche che impegnano il sistema in una risposta inedita, delle modifiche strutturali e funzionali di organi e istituzioni.
Al cospetto di queste trasformazioni, analogamente a quanto già accaduto in un recente passato sul fronte della prova tecnico-scientifica, lo studioso del processo penale è chiamato ad interpellarsi sulla flessibilità del sistema repressivo, sulla sua tenuta in termini di compatibilità con i valori fondamentali cui il rito si ispira, sulla “copertura” normativa verso forme nuove di collaborazione con organi e funzioni estranei alla giustizia penale. Più in generale, prova a testare la legittimità della trasformazione funzionale cui assiste ed, eventualmente, la necessità di un intervento legislativo correttivo.
Lo si dice senza timore di smentita. Al cospetto di una riforma del diritto processuale penale [continua..]