Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Il giudice dell'esecuzione pronuncia la prescrizione del reato dopo l'illegittimità costituzionale della norma penale


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE III, 3 AGOSTO 2017, N. 38961 – PRES. DI NICOLA; REL. MENGONI

Rientra tra i poteri del giudice dell’esecuzione, che deve rideterminare la pena dopo la pronuncia di incostituzionalità, dichiarare la prescrizione del reato, riqualificato come contravvenzione, nel caso in cui la causa estintiva sia maturata in pendenza del procedimento di cognizione e fatti salvi i rapporti ormai esauriti. Il giudice dell’esecuzione, deve realizzare, nella misura consentita da rapporti non esauriti e con l’esclusione di questi, una doverosa “bonifica” della sentenza irrevocabile, privandola degli elementi “inquinanti” oggetto della declaratoria di incostituzionalità, che debbono essere eliminati ab origine perché tamquam non fuissent; nei medesimi termini, dunque, nei quali si sarebbe pronunciato il giudice della cognizione, qualora intervenuto successivamente alla sentenza della Corte costituzionale.

> < [Omissis] RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 27/1/2017, la Corte di appello di Salerno, quale giudice dell’esecuzione, in parziale accoglimento dell’istanza proposta da G.P., rideterminava la pena a questi irrogata con la sentenza emessa dalla stessa Corte il 16/11/2015 (irrevocabile), quantificandola – con riguardo alla contravvenzione di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1, ed in esito alla sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2016 – in 20 giorni di arresto e 12.000,00 Euro di ammenda; rigettava, per contro, l’istanza di declaratoria di prescrizione dello stesso reato, sostenendo che – a norma dell’art. 676 cod. proc. pen. – il giudice dell’esecuzione può applicare le cause di estinzione della fattispecie solo se maturate dopo il passaggio in giudicato della sentenza, non anche in precedenza come nel caso in esame. 2. Propone ricorso per cassazione il G., a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi: – violazione dell’art. 648 cod. proc. pen.. La Corte di appello avrebbe rigettato l’eccezione in punto di irrevocabilità della sentenza di appello, in esito alla notifica del relativo estratto contumaciale, sul presupposto che questo sarebbe stato notificato al ricorrente a mani proprie il 19/8/2014; orbene, tale data si riferirebbe, invero, alla notifica dell’estratto della sentenza di primo grado, come peraltro reso evidente dal fatto che la pronuncia della successiva sarebbe avvenuta soltanto il 16/11/2015. In forza di ciò – e della lettera della L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 15-bis, per come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte – al giudizio di appello si sarebbe dovuta applicare la disciplina precedente all’emanazione della stessa L. n. 67, sì che anche l’estratto della pronuncia di appello avrebbe dovuto esser notificato al ricorrente, contumace in primo grado e non dichiarato irreperibile. Quel che, per contro, non sarebbe avvenuto; – violazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., nonché agli artt. 673 e 676 cod. proc. pen.. La sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2016 – in forza della quale il Giudice di appello ha revocato la pena inflitta al ricorrente con riguardo alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1-bis, – dovrebbe produrre immediato effetto sul trattamento sanzionatorio individuato per la (così) riqualificata condotta ex art. 181, comma 1, stesso decreto, con rispetto di un criterio aritmetico-proporzionalistico, tenendo conto dei nuovi parametri edittali. Ancora, l’intervenuta riqualificazione del delitto in contravvenzione, proprio per effetto della citata pronuncia della Corte costituzionale, dovrebbe incidere anche sulla declaratoria di prescrizione della fattispecie, assegnando al giudice dell’esecuzione il potere di [continua..]

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Fascicolo 2 - 2018