Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Prassi devianti e prassi virtuose in materia di intercettazioni (di Elena Maria Catalano)


La prassi rappresenta una immancabile chiave di lettura della norma e può fungere da lente correttiva o da lente deformante rispetto al dato normativo. Nel caso delle intercettazioni, la prassi assume un ruolo ambivalente. Alle prassi devianti che contribuiscono a deformare il dato normativo si contrappongono prassi virtuose idonee a riportare sui binari della razionalità norme irrazionali rispetto al valore o rispetto allo scopo perseguito. Altri interventi giurisprudenziali assumono una funzione di aggiornamento di una normativa che sconta il rischio di una obsolescenza legata sia alle innovazioni tecnologiche sia ai mutamenti della sensibilità sociale.

Rethinking wiretapping practice

The gulf between legislation and practice in the field of wiretapping can be read at different levels. Non orthodox practice as well as statute law disapplication holds a danger to the core values of the criminal justice system. However, judicial creativity can perform a wide range of useful functions.

LA DIVARICAZIONE TRA NORME E PRASSI SUL CRINALE TRA PATOLOGIA E FISIOLOGIA. GLI INTERVENTI GIURISPRUDENZIALI CON FUNZIONE DI CORREZIONE O DI AGGIORNAMENTO DELLA NORMATIVA Una diffusa chiave di lettura della disciplina delle intercettazioni, da un lato, mette in luce il rapporto tra dato normativo e prassi devianti, dall’altro lato, tenta di analizzare i possibili correttivi [1]. L’angolo di osservazione si sposta, così, impercettibilmente, dalle norme – in fondo equilibrate – alla prassi che tende a disapplicare o a applicare in modo distorto una disciplina razionale. Al riguardo, non può essere sottovalutata la diffusione di prassi operative inclini ad un uso disinvolto del mezzo captativo, tra le quali assume rilievo la sostanziale disapplicazione di numerose ipotesi di inutilizzabilità positivamente previste. La proliferazione di prassi distorte dipende, in parte, dalla peculiarità della situazione italiana in cui le intercettazioni hanno avuto un ruolo decisivo nella lotta al fenomeno mafioso. «L’interpretazione dei segni, dei gesti, dei messaggi e dei silenzi costituisce una delle attività più importanti dell’uomo d’onore. E di conseguenza del magistrato» [2]. A ben vedere, tuttavia, la divaricazione tra norme e prassi dipende da una molteplicità di fattori e si presta a diverse chiavi di lettura. Il diritto vivente in materia di intercettazioni assume, infatti, un ruolo ambivalente nell’evoluzione del sistema processuale. La prassi rappresenta una immancabile chiave di lettura della norma e può fungere da lente correttiva o da lente deformante rispetto al dato normativo. Alle prassi devianti che contribuiscono a deformare il dato normativo si contrappongono prassi virtuose idonee a riportare sui binari della razionalità norme irrazionali rispetto al valore o rispetto allo scopo perseguito [3]. Sul crinale tra prassi devianti e prassi virtuose si collocano quegli interventi giurisprudenziali tesi a correggere, piuttosto che a estirpare in radice, prassi distorte. Così, di fronte all’endemica disapplicazione dell’udienza di stralcio, la decisione della Consulta del 2012 che tollera lo svolgimento in sede dibattimentale delle operazioni di selezione e di acquisizione del materiale intercettato, con il necessario temperamento dello svolgimento del dibattimento a porte chiuse, viene ad assumere una funzione di manipolazione del diritto vivente, a garanzia della tenuta del sistema. In secondo luogo, la materia delle intercettazioni rappresenta il catalizzatore di un problema più ampio, costituto dalla sempre più fitta rete di strumenti di aggressione alla privacy, pesantemente compromessa dalla diffusione dei “sistemi di sorveglianza globale”, ma anche dall’accumulo dei dati relativi al traffico internet e dalle frodi [continua..]

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Fascicolo 1 - 2016