Chiamate a pronunciarsi sui poteri del giudice dell’esecuzione, le Sezioni Unite circoscrivono le ipotesi in cui è possibile emendare la sentenza che ha applicato una pena accessoria extra o contra legem. In particolare, la Suprema Corte ammette l’intervento in executivis sulla pena accessoria illegale, a condizione che essa sia determinata o determinabile, nella specie e nella durata. La sentenza in commento offre molteplici spunti di riflessione sul valore attuale del giudicato, sul rispetto del principio di legalità e sulle inevitabili ripercussioni sui poteri del giudice dell’esecuzione.
Powers of execution's judge and illegal addiction penalty: suppositions and limits The Supreme Court circumscribe hypothesis in which is possible to amend a decision that applied an illegal addition penalty. Indeed, the Supreme Court admits the interference in executivis on illegal addition penalty, in case of penalty that is fixed or determinable in the kind and in the time. The decision offers a lot of considerations on actual value of judgment, on the respect of legality principle and on the repercussions on the powers of execution’s judge.
LA VICENDA
Il ricorrente veniva condannato nel giudizio abbreviato dal G.u.p. del Tribunale di Roma, alla pena di anni tre di reclusione, con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per i delitti di cui agli artt. 609 bis, 317 e 527 c.p.
Con successiva ordinanza il G.i.p., in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza del ricorrente volta alla correzione, eliminazione o rideterminazione della pena accessoria inflitta. Da un lato, il condannato lamentava l’illegalità della pena accessoria inflitta, ovvero l’interdizione perpetua dai pubblici uffici in luogo di quella temporanea, dall’altra il giudice adito asseriva che l’intervento sulla pena accessoria nella fase esecutiva può esplicarsi solo in relazione ad una pena predeterminata per legge nella specie e nella durata. Nel caso in esame l’omessa determinazione della pena principale da irrogarsi per il reato di cui all’art. 317 c.p. non permetteva, invece, di stabilire in astratto la durata della pena accessoria né di parametrarla alla pena principale [1]. Secondo il giudice dell’esecuzione, la richiesta sulla verifica della legittimità della pena accessoria avrebbe trasformato il giudizio esecutivo in quello di merito.
La difesa del ricorrente proponeva, dunque, ricorso per Cassazione, ritenendo che la mancanza di un’esplicita indicazione della pena irrogata per il delitto di concussione non precludesse la disapplicazione in sede esecutiva della pena accessoria illegittima. Una volta determinata la pena per il reato di cui all’art. 317 c.p. – secondo la tesi difensiva– il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto uniformare, senza alcuna discrezionalità, la sanzione accessoria a quella principale.
Investita della questione, la Corte di Cassazione rilevava, sul punto, la sussistenza di differenti soluzioni interpretative. Se per un primo orientamento maggioritario, la correzione in sede esecutiva dell’errore nell’irrogazione della pena accessoria risultava ammissibile solo laddove quest’ultima fosse predeterminata nell’an e nel quantum e non richiedesse l’esercizio di poteri discrezionali da parte del giudice dell’esecuzione [2], un diverso indirizzo interpretativo, minoritario, precisava che «non è deducibile con il rimedio dell’incidente di esecuzione l’errore commesso dal giudice di cognizione nell’applicare con la sentenza di condanna le pene accessorie, trattandosi di modifica sostanziale del dictum della sentenza, possibile solo nel giudizio di cognizione attraverso il rimedio dell’impugnazione» [3].
Alla luce del contrasto giurisprudenziale esistente sulla tematica in esame, espressione di un più ampio dibattito avente ad oggetto il contenuto stesso del principio di legalità e i limiti della sua [continua..]