Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Persona offesa e modalità di audizione protetta: verso lo statuto del testimone vulnerabile (di Ada Famiglietti)


Il d.lgs. n. 212/2015, di attuazione della Direttiva 2012/29/UE, valorizza il ruolo della persona offesa nel processo penale, in una prospettiva inedita per il nostro sistema. Numerose sono le modifiche a tutela della vittima durante la sua audizione, sia nel corso delle indagini, sia nell’incidente probatorio, che nel dibattimento. Tuttavia, al potenziamento di tutela, imposto dalla direttiva europea, non corrisponde l’estensione delle modalità protette nel dibattimento ai testimoni maggiorenni non vittime, ma vulnerabili.

Victim and protected modes: towards the status of vulnerable witness

The legislative decree n. 212 of 2015, implementing the Directive 2012/29/EU, enhances the role of the victim in criminal process, in a new perspective for our system. There are several changes to protect the victim during his hearing, both in the course of the investigation and in the trial. However, to the strengthening of the victim protection, imposed by the European directive, it is not corresponded the extension of the protected mode in the trial to adult witnesses not victims, but vulnerable.

PREMESSA Con il d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, recante: «Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI» [1] sono state introdotte molteplici innovazioni concernenti la disciplina dell’audizione delle persone offese vulnerabili. L’occasione è fornita dalle modifiche apportate agli artt. 190-bis, comma 1-bis, 351, comma 1-ter, 362, comma 1-bis, 392, comma 1-bis, 498, comma 4-quater, nonché dall’introduzione dell’art. 398, comma 5-quater, c.p.p. Si tratta di norme che ridisegnano in maniera sensibile le modalità di assunzione delle dichiarazioni delle vittime vulnerabili, sia nella fase dell’incidente probatorio, sia nel dibattimento, colmando vuoti di tutela progressivamente emersi nel processo penale italiano. Il tema, oltre all’analisi delle principali norme in materia, dall’entrata in vigore del vigente codice di procedura penale al 2014, richiede di focalizzare l’attenzione sulle modifiche introdotte dal d. lgs. n. 212/2015. LA NORMATIVA DEDICATA AI SOGGETTI “DEBOLI” Nella versione originaria del codice di procedura penale del 1988, la tutela dei dichiaranti “deboli”, minorenni ed infermi di mente, era limitata alle poche regole generali contenute negli artt. 188 e 196. In esse si prevede, in primis, il divieto di utilizzare metodi e tecniche idonee ad influire sulla libertà di autodeterminazione della persona e la capacità di ricordare i fatti. In secondo luogo, è prevista la possibilità di accertare l’idoneità fisica o mentale del testimone a rendere le dichiarazioni, lasciando al giudice la responsabilità di vagliare la reale attendibilità della deposizione, seguendo il principio di “universalità” dell’obbligo di testimoniare [2]. Con specifico riguardo ai minori, era garantita unicamente la conduzione dell’esame ad opera del giudice e l’ausilio di un familiare o di un esperto in psicologia infantile durante l’acquisizione della testimonianza del bambino, ai sensi dell’art. 498, comma 4, c.p.p. [3]. Su questa scarna normativa, si inserisce un’intensa attività legislativa, volta ad ampliare l’orizzonte dedicato al minore, vittima o spettatore di delitti attinenti alla sfera sessuale. Seguendo tali coordinate, la legge 15 febbraio 1996, n. 66, introduce l’art. 392, comma 1-bis, c.p.p. [4], che disciplina l’incidente probatorio “speciale” riservato agli infrasedicenni, con una presunzione iuris et de iure di pericolo di dispersione probatoria, sganciata dai presupposti tipici d’indifferibilità e inquinamento [continua..]

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Fascicolo 2 - 2016