Le Sezioni unite penali della Corte di cassazione chiariscono: per disporre il sequestro conservativo, può bastare l’insufficienza attuale del patrimonio del debitore ai fini dell’adempimento delle obbligazioni previste dall’art. 316, commi 1 e 2, c.p.p., ed in relazione all’entità delle medesime; mentre non è necessaria la sussistenza di situazioni tali da far prevedere la futura dispersione di quella garanzia patrimoniale. A questo risultato interpretativo, la Corte giunge attraverso un triplice percorso: valorizzando il dato testuale della norma; richiamandone gli antecedenti normativi, ovvero le previsioni dei codici penale e di procedura penale del 1930; nonché ponendo in risalto la simmetria funzionale di tal specie di sequestro con l’omologo istituto previsto dal codice di procedura civile. E l’approdo interpretativo della Corte appare convincente sotto il profilo giuridico, ma anche coerente con la tendenza al progressivo ampliamento della repressione penale di tipo patrimoniale, oltre che con l’esigenza, sempre più avvertita, di una più efficace tutela della vittima del reato.
The "periculum in mora" in the preventive attachment: finally the joint session of the supreme court of cassation attends The criminal joint session of the Supreme Court of Cassation clarifies: actual inadequacy of debtor’s assets is enough in order to enforce a preventive attachment, for the purpose of compliance with obligations provided from section 1 and 2 of art. 316 of the Italian Code of Criminal Procedure, and in relation to the extent of the above-mentioned; whereas the subsistence of situations which could lead to a future dispersion of the property collateral is not necessary. The Court comes to this interpretative outcome by means of a three-fold path: enhancing the textual component of the norm; recalling from it the prescriptive antecedents, that is the provisions of the criminal and criminal procedure codes of 1930; as well as highlighting the functional symmetry of this kind of attachment with the corresponding institution foreseen by the Code of Civil Procedure. The interpretative outcome of the Court seems convincing from a legal point of view, but also consistent with the inclination towards a progressive expansion of prosecution regarding property, besides the increasingly perceived necessity of a more efficient legal protection for the crime victim.
PREMESSA
Nella camera di consiglio del 25 settembre 2014, le Sezioni Unite della Cassazione – con due distinte sentenze, peraltro redatte dal medesimo estensore nonché presidente del collegio – hanno concentrato la loro attenzione su quella che, se si ha riguardo alla frequenza del suo utilizzo, e quindi al mero dato quantitativo, sembrerebbe essere la “Cenerentola” delle misure cautelari reali (soprattutto a seguito della sempre maggiore diffusione del sequestro preventivo, strumentale alle varie forme di confisca c.d. “di valore”, progressivamente introdotte nella legislazione penale italiana): il riferimento, evidentemente, è al sequestro conservativo, di cui agli artt. 316 ss. c.p.p. [1].
Con la prima decisione, la Corte ha affrontato una questione tipicamente di rito: quella della legittimazione o meno della parte civile a ricorrere per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che abbia annullato o revocato il sequestro disposto in favore di essa [2]; con la seconda pronuncia – depositata lo scorso 11 dicembre e qui oggetto di approfondimento – ha, invece, tracciato il perimetro del principale (anzi, per essa, addirittura unico) presupposto normativo di applicabilità della misura: il “periculum in mora”.
LA VICENDA PROCESSUALE E L’ORDINANZA DI RIMESSIONE
La prima sezione penale della Corte era stata investita del ricorso di un imputato per reati in materia di esplosivi e danneggiamento avverso un’ordinanza del tribunale del riesame di Genova, che aveva confermato il sequestro conservativo disposto in suo danno ed in favore della parte civile, ritenendo presupposto sufficiente, a tal fine, l’oggettiva inadeguatezza della consistenza del patrimonio del debitore in rapporto all’entità del credito. Nella specie, si trattava di un imputato pensionato con una modesta capacità reddituale e la misura aveva attinto un immobile, ritenuto unico bene che potesse fungere da garanzia patrimoniale, tenuto conto della significativa entità del credito da reato, in ragione della gravità dei fatti contestati e della pluralità delle persone offese.
Il ricorrente, dal canto suo, aveva lamentato come il tribunale del riesame avesse del tutto pretermesso di valutare, oltre alla consistenza del patrimonio ed alla capacità reddituale dell’imputato, anche il comportamento da questi assunto nelle more: dal quale – si assumeva – avrebbe potuto e dovuto inferire l’assenza di un pericolo di dispersione delle garanzie patrimoniali, da intendersi quale situazione, almeno potenziale e desunta da elementi certi ed univoci, di depauperamento del patrimonio del debitore.
Nell’ordinanza di rimessione [3], il collegio aveva quindi rilevato che, se non v’era discussione in ordine alla finalità del sequestro conservativo, consistente [continua..]