La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 24, comma 2, e 3 Cost., dell’art. 516 c.p.p., nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 c.p.p., relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione.
New contestations "physiological" and plea: the umpteenth declaration of unconstitutional on the relationship between alternative rites and arts. 516-517 c.p.p. The Constitutional Court declared the constitutional unlawfulness, in contrast to the arts. 24, comma 2, and 3 Cost., of art. 516 c.p.p., where it does not provide, for the defendant, to request the Trial Court to apply the sentence pursuant to art. 444 c.p.p., with regard to the different fact emerged during the hearing education, which is the subject of the new contestation.
PREMESSA: LA RECENTE PRONUNCIA DELLA CONSULTA
Con la sentenza n. 206, depositata lo scorso 17 luglio 2017, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 516 c.p.p., nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione di pena, a norma dell’art. 444 c.p.p., relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto di nuova contestazione.
Nello specifico, ad avviso del giudice remittente, la norma si poneva infatti in contrasto anzitutto con l’art. 24, comma 2, Cost., determinando una compressione dei diritti di difesa dell’imputato, e, a seguire, con l’art. 3 Cost., sia per la diversità e la deteriorità della posizione in cui verrebbe a trovarsi chi subisce una nuova contestazione rispetto a chi sia stato chiamato a rispondere fin dall’inizio della stessa imputazione, sia per l’irragionevolezza della disciplina processuale laddove consentiva, in caso di contestazione “fisiologica” del fatto diverso, di beneficiare dei vantaggi di alcuni riti speciali, quali il giudizio abbreviato e l’oblazione, e non anche del patteggiamento.
Tra le argomentazioni addotte dalla Corte, si rinviene innanzitutto la constatazione che l’accesso al rito alternativo dopo l’inizio del dibattimento rimanga comunque idoneo a produrre un’economia processuale, anche se attenuata, giacché permette al giudice di verificare l’esistenza delle condizioni per l’applicazione della pena senza alcuna ulteriore attività istruttoria, e, al contempo, consente di escludere l’appello e, tendenzialmente, anche il ricorso per cassazione.
In secondo luogo, poi, si rileva che la facoltà di richiedere il patteggiamento non possa essere preclusa ritenendo che l’imputato si sarebbe assunto il rischio di tale evenienza, non avendo effettuato preventivamente la richiesta del rito alternativo. Inopportuna appare infatti la pretesa che quest’ultimo valuti la convenienza di un rito speciale prendendo in considerazione anche la possibilità che, a seguito dei futuri sviluppi dell’istruzione dibattimentale, l’accusa su di lui gravante subisca una trasformazione, la cui portata è ancora indefinita al momento della scadenza del termine utile per la formulazione della richiesta.
Pertanto, secondo quanto motivato dalla Consulta, l’esclusione del patteggiamento comporterebbe un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto al caso del recupero, da parte dell’imputato, della facoltà di accesso al medesimo rito per circostanze meramente “occasionali”, che determinino la regressione del procedimento. È il caso, ad esempio, della circostanza in cui, in seguito alle nuove contestazioni, il reato rientri tra quelli per cui si procede con [continua..]