L’irrilevanza delle cause di non punibilità personali vale, nel sistema della responsabilità degli enti, anche con riguardo alla particolare tenuità del fatto; pertanto, nel caso di applicazione di quest’ultima all’autore del reato-presupposto, andrà comunque accertata – ai sensi dell’art. 8 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 – l’eventuale sussistenza della responsabilità dell’ente.
Causes of non-punishment (particular tenuousness of the crime) and corporate crime liability Personal reasons for non-punishability (i.e. particular tenuousness of the crime) do not exempt corporations from liability; the manager (or employee) can be acquitted because the crime is particular slight; however, the responsibility of the company will in any case be verified.
Ascrivibile alle politiche di riduzionismo penale – cioè a dire, gli interventi legislativi intesi ad aggredire l’ipertrofia che affligge il sistema delle fattispecie incriminatrici e relative sanzioni – l’istituto della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto trova compiuta disciplina, per le persone fisiche, nell’art. 131-bis c.p. (introdotto dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28); tuttavia, nessuna disposizione, con riferimento alla responsabilità da reato degli enti collettivi, si fa carico di coordinare la prescrizione di parte sostanziale con quelle, come nel caso in esame, della legislazione speciale. Spetta quindi all’interprete risolvere il quesito della applicabilità, nel processo contra societatem, della causa di non punibilità di cui abbia già beneficiato l’autore del reato-presupposto.
La soluzione a cui approda la Suprema corte muove dal principio di autonomia delle responsabilità dell’ente (ex art. 8, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231) e dalla premessa per la quale «in presenza di una sentenza di applicazione della particolare tenuità del fatto, nei confronti della persona fisica responsabile della commissione del reato, il giudice deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio il reato fu commesso»; il giudice di legittimità conclude quindi che l’accertamento in parola «non può prescindere da una verifica della sussistenza in concreto del fatto reato», poiché l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131-bis c.p. «non esclude la responsabilità dell’ente, in via astratta, ma la stessa deve essere accertata effettivamente in concreto [...] non potendosi utilizzare, allo scopo, automaticamente la decisione di applicazione della particolare tenuità del fatto, emessa nei confronti della persona fisica».
Interpretazione letterale e ragioni di carattere sistematico asseverano la correttezza della decisione che qui si commenta.
Il tenore dell’art. 8, comma 1, lett. a) e b), d.lgs n. 231 del 2001, evidenzia – e lo stesso fa la rubrica della medesima disposizione – una differenziazione maturata nell’assetto più recente del sistema punitivo: un conto è la colpevolezza dell’individuo (della quale si occupa l’apparato penalistico “classico”), altra questione è la responsabilità dell’ente (i cui criteri di attribuzione sono contemplati dall’art. 5 del decreto del 2001). Ma, ad un esame più ravvicinato, l’art. 8 ci dice molto di più. Esso, «al di là delle apparenze», è una «norma di diritto [continua..]