Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Neuroscienze e processo penale: il ragionamento probatorio tra chimica valutativa e logica razionale (di Filippo Raffaele Dinacci)


La problematicità del rapporto tra scienza e processo è destinata ad acuirsi con riferimento alle neuroscienze. Queste, infatti, si caratterizzano per un campo di azione perfettamente sovrapponibile a quello dell’accertamento penalistico, con conseguente difficoltà di provvedere a momenti di verifica falsificazionista. Ma, anche a prescindere dalla “scientificità” del metodo, la prospettiva neuroscientifica evidenzia momenti di “crisi” con l’ordinamen­to, avuto riguardo al limite di autodeterminazione tutelato dall’art. 188 c.p.p. Occorre, peraltro, tenere alta la guardia rispetto al pericolo che il sapere neuroscientifico si sostituisca a quello del giudice, dovendo lo stesso, sul piano del metodo, essere verificato attraverso l’attività confutazionista del contraddittorio. Solo così il giudice può mantenere inalterata la sua funzione di giudizio e non procedere a indebite abdicazioni in favore di teorie scientiste con “ritorni” di deriva neopositivistica.

 

Neuroscience and criminal trial: probatory reasoning between evaluation chemistry and rational logic

The complexity of the connection between science and trial is destined to increase with reference to neuroscience, characterized by a scope of application entirely superimposable to the one of criminal inspection, with the consequent difficulty to provide for falsificationist verification. Regardless of the “scientificity” of the method, the neuroscientific perspective could possibly stand in contrast with the judicial system, with reference to the limit of self-determination guaranteed by the article 188 of the Italian Code of Criminal Procedure. It is essential to avoid that the neuroscientific knowledge replaces the one of the judge, for its method has to be verified through the falsificationist activity of the opposition. That’s the only way the judge can keep its judgement function unchanged without having to proceed to undue abdications in favour of scientistic theories with some neopositivistic echoes.

I DIFFICILI EQUILIBRI TRA SCIENZA E PROCESSO La progressiva espansione del “sapere scientifico” nel processo penale evidenzia le difficoltà del legislatore a tenere il passo dell’evoluzione delle conoscenze, con evidenti problematiche di adattamento della regola processuale alla nuova scienza. Se è vero che la disposizione dell’art. 189 c.p.p. costituisce una sorta di “adattatore automatico” [1], preposto a gestire quelle situazioni probatorie derivanti da forme di conoscenza allora non possedute, è anche vero che il tema della c.d. prova innominata va affrontato con cautela e, comunque, non sempre soccorre nel “trattamento” del rapporto tra processo e scienza. Basti pensare che la nuova scienza trova uno strumento di introduzione nel processo attraverso il veicolo della prova tecnica; i dati conoscitivi da essa derivanti necessariamente risultano recuperabili nei contenitori normativi della perizia, della consulenza tecnica di parte e, infine, degli accertamenti tecnici irripetibili. Ed è con riferimento alla disciplina per essi dettata che va individuata la procedura da seguire per una legittima conoscenza del giudice. Ma, seppure così non fosse, e cioè se i contenitori tipici del mezzo probatorio non si prestassero a regolare processualmente i risultati del nuovo sapere scientifico, comunque occorrerebbe applicare la disciplina normativa di quel mezzo di prova o di ricerca della prova che si pone, rispetto al caso concreto, in rapporto di similia ad similibus, ricorrendo in tal modo a quello strumento di auto-integrazione dell’ordinamento giuridico costituito dall’analogia [2]. Solo a fronte dell’impossibilità di una tale operazione può ricorrersi alle regole di cui all’art. 189 c.p.p. [3]. Tuttavia, al di là delle tematiche relative al quomodo probatorio, che si pongono inevitabilmente rispetto ad un nuovo approdo scientifico, il pericolo maggiore che si avverte è quello di una marginalizzazione della prova dichiarativa a vantaggio della prova scientifica [4]. Anche quest’ultima deve rispettare le regole epistemologiche del processo, prima fra tutte quella del contraddittorio. Ad ogni modo, il tema involge anche il momento valutativo; il sapere altamente specialistico deve essere reso accessibile al giudice, deve necessariamente subire, nel corso del processo, un’o­pera di decodifica che consenta una consapevole funzione di giudizio, che non può tradursi nella recezione di scelte altrove deliberate. Solo in tal modo si evita che la valutazione probatoria sia espropriata in favore della scienza o dello scienziato. E ciò non solo per l’autonomia delle funzioni, ma anche perché l’attività di accertamento giudiziale si snoda su più esperimenti conoscitivi suddistinti in fatti primari e secondari che non [continua..]

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Fascicolo 2 - 2016