Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Nuove contestazioni e messa alla prova: non ancora completo il quadro dei rapporti tra modifiche dell'imputazione e accesso ai riti alternativi (di Leonardo Nullo)


La Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità, per contrasto con gli artt. 3 e 24, comma 2, Cost., dell’art. 517 c.p.p., nella parte in cui, in seguito alla nuova contestazione di una circostanza aggravante, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova. Superata la distinzione tra contestazioni patologiche e fisiologiche, sono ancora molti gli interrogativi in sospeso.

New indictments and probation: not yet complete the framework of relationships between changes' indictment and access to alternative proceedings

The constitutional Court decides the constitutional unlawfulness, in contrast to the arts. 3 and 24, secondo comma, Cost., of the art. 517 c.p.p., where it does not provide, in the case of new contestation of an aggravating circumstance, the defendant’s power to request the trial court the probation. Outdated the differentiation between “physiological” and “pathological” contestations, there are many not answered question marks.

 
SOMMARIO:

Il caso concreto - La trama argomentativa della Consulta: il lento adeguamento costituzionale delle contestazioni suppletive - Il diritto di difesa al centro del sistema - Riflessioni conclusive: prospettive di incostituzionalità - NOTE


Il caso concreto

La sentenza che si annota ha censurato l’art. 517 c.p.p. nella parte in cui, in seguito alla nuova contestazione di una circostanza aggravante, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova. Nel caso di specie, era stato emesso un decreto penale di condanna nei confronti dell’imputato per il reato di guida in stato di ebbrezza alcolica (art. 186 comma 2 lett. b e comma 2-sexies, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, Codice della Strada). La difesa, proponendo opposizione al decreto penale, richiedeva l’ap­plicazione della pena ex art. 444 c.p.p., nella misura di quattordici giorni di arresto e 600,00 euro di ammenda, da sostituirsi con quella del lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, d.lgs. n. 285 del 1992. Il giudice per le indagini preliminari rigettava tale richiesta poiché, dall’esame degli atti del fascicolo d’indagine, era emerso che l’imputato aveva provocato un incidente stradale con feriti e si configurava, perciò, la circostanza aggravante di cui all’art. 186, comma 2-bis, d.lgs. n. 285 del 1992, ostativa all’applicazione della sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. Successivamente, nel corso dell’udienza dibattimentale, il difensore proponeva istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova per il suo assistito. Tuttavia, proprio in tale fase processuale, il pubblico ministero aveva tardivamente contestato all’imputato assente l’aggravante prevista dall’art. 186, comma 2-bis, d.lgs. n. 285 del 1992 [1]. Reagiva il Tribunale, dunque, che sollevava la questione di legittimità costituzionale in ordine al­l’art. 517 c.p.p., mettendo in evidenza come, ai sensi dell’art. 464-bis, comma 2, c.p.p., nel procedimento per decreto la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova debba essere presentata tramite l’atto di opposizione e che, nel caso di specie, ciò non era avvenuto perché l’opposizione era stata anteriore all’emanazione della l. 28 aprile 2014, n. 67, con cui si introduceva nell’ordinamento il nuovo istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova per gli imputati adulti. Inoltre, – ha evidenziato il giudice a quo –, nel dibattimento, [continua ..]


La trama argomentativa della Consulta: il lento adeguamento costituzionale delle contestazioni suppletive

Il Giudice delle leggi, accogliendo la questione di legittimità costituzionale come sopra esposta, ha segnato l’ennesimo passo di un lungo percorso di sentenze additive di principio sull’art. 517 c.p.p., le quali, con il tempo, in assenza di una scelta legislativa a riguardo [2], sono andate equilibrando il rapporto tra modifiche dell’imputazione e diritto di accesso ai riti speciali. I binari argomentativi disegnati dalla Consulta percorrono itinerari non ignoti, al punto che, proprio in forza delle incostituzionalità che la precedono, tale declaratoria doveva ritenersi pressoché inevitabile. Si osservi come, nel caso in oggetto, il quadro fosse destinato a subire una maggiore complicazione in forza della “frammentaria e claudicante” [3] disciplina dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova – introdotta con l. n. 67 del 2014 – alla cui ricostruzione la stessa Corte costituzionale ha contribuito. L’abbrivio viene conferito, appunto, dalla constatazione che l’istituto de quo «ha effetti sostanziali, perché dà luogo all’estinzione del reato, ma è connotato da un’intrinseca dimensione processuale, in quanto consiste in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio, nel corso del quale il giudice decide con ordinanza sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova» [4]. Ebbene, posto che il legislatore ha inteso introdurre un nuovo rito speciale, ad effetto deflattivo [5], con carattere premiale [6], pareva evidente come il solco garantista già tracciato in passato per il c.d. patteggiamento e per il giudizio abbreviato fosse destinato ad aprirsi anche per la messa alla prova. Proprio il carattere spiccatamente premiale del rito – rimesso alla scelta dell’imputato [7] – rappresenta, infatti, il parametro entro il quale si iscrive la rilevanza del principio di eguaglianza e del diritto di difesa: questi sarebbero potenzialmente lesi se, a seguito di una nuova contestazione dibattimentale del pubblico ministero, non si restituisse all’imputato il diritto di opzione per un percorso procedimentale più favorevole, qual è quello offerto, appunto, dall’istituto della messa alla prova. Tanto affermato, le considerazioni di apertura della Consulta suggeriscono già l’esito, [continua ..]


Il diritto di difesa al centro del sistema

Superata la prospettiva ermeneutica chiusa nella dicotomia tra contestazione tardiva e fisiologica, lo spettro dell’incostituzionalità ha esercitato una notevole forza espansiva: rispetto al patteggiamento e al giudizio abbreviato, si è, di recente, inserito un ulteriore tassello, essendo stata riconosciuta la facoltà dell’imputato di chiedere l’accesso a tali riti a seguito di contestazione fisiologica di un fatto diverso [25]. Con riferimento alla decisione che si annota, tuttavia, è soprattutto con la sentenza n. 184 del 2014 che si sono coerentemente arricchiti i termini della questione, avendo la Corte censurato l’art. 517 c.p.p. nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di accedere al patteggiamento a seguito di nuova contestazione tardiva di una circostanza aggravante [26]. A tal proposito, si è correttamente riconosciuto che tanto quanto il fatto diverso e il reato concorrente, anche le circostanze aggravanti possono significativamente incidere sulla fisionomia dell’imputazione, al punto da rendere necessario, anche in tali ipotesi, il riconoscimento di una riserva a favore dell’imputato per meditare sopraccorse scelte procedimentali. Entrando nel cuore della questione dedotta dal rimettente, il Giudice delle leggi rimarca, più precisamente, che «la trasformazione dell’originaria imputazione in un’ipotesi circostanziata (o pluricircostanziata) determina un significativo mutamento del quadro processuale. Le circostanze aggravanti possono, infatti, incidere in modo rilevante sull’entità della sanzione – tanto più quando si tratti di circostanze ad effetto speciale – e, talvolta, sullo stesso regime di procedibilità del reato, o, ancora, sull’ap­plicabilità di alcune sanzioni sostitutive, come nel caso oggetto del giudizio a quo». Premesse, queste, che valgono a suggerire una scelta pressoché necessitata. «In un quadro complessivo di principi, quale quello che, come è stato ricordato, si è andato delineando in modo sempre più nitido attraverso l’evoluzione giurisprudenziale, è chiaro che», rileva fondatamente il decidente, «nel caso di contestazione suppletiva di una circostanza aggravante, non prevedere nell’art. 517 cod. proc. pen. la facoltà per l’imputato di chiedere la [continua ..]


Riflessioni conclusive: prospettive di incostituzionalità

L’intervento della Corte costituzionale si colloca, dunque, in una più ampia opera di riscrittura sostanziale degli artt. 516 e 517 c.p.p., ben presto disvelatisi, all’indomani dell’introduzione del nuovo codice di rito, di dubbia compatibilità costituzionale. Principio di eguaglianza e diritto di difesa i due architravi su cui il nuovo edificio [28] delle contestazioni è stato eretto. La scelta di un rito alternativo, è indubbio, costituisce una delle più qualificanti estrinsecazioni del diritto di difesa. Del pari indubitabile è la circostanza che l’imputato si determini in ordine a tale scelta in base al contenuto dell’imputazione. Ne deriva che una modifica di quest’ultima deve altresì implicare la facoltà per l’imputato di riconsiderare un rito premiale, proprio alla luce del novum che gli viene contestato. La Corte costituzionale rimarca a chiare lettere tali indefettibili prospettive assiologiche, elaborate per il patteggiamento e il giudizio abbreviato e coerentemente estese anche alla messa alla prova. Tale istituto, infatti, non poteva rimanere fuori dalla quadratura del cerchio. Sicché deve ormai ritenersi pacifico che una nuova contestazione, di là dalla sua patologica o fisiologica genesi, comporti, in ogni caso, un’evoluzione dell’accusa non irrilevante sul piano del diritto di difesa, la cui “avanzata tutela” [29] deve tradursi nella concreta possibilità dell’imputato di ripiegare su di un rito premiale – patteggiamento, giudizio abbreviato o messa alla prova – a fronte del sopraggiungere di una diversa descrizione del fatto, di un reato concorrente o di una circostanza aggravante. Non può tacersi, tuttavia, come a tanto si sia pervenuti solo mediante un progressivo ripensamento della materia che, a ben vedere, è ancora in atto. Invero, l’approccio casistico del Giudice delle leggi – che si è quasi sempre limitato ad esaminare la sola questione dedotta dal rimettente [30] – ha dato vita ad un mosaico composito, di modo che il quadro di compatibilità costituzionale circa i rapporti tra modifiche dell’imputazione e accesso ai riti speciali resta tutt’oggi frammentario. Infatti, proprio poiché tali questioni non sono ancora state sottoposte allo scrutinio di [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2019