Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Messa alla prova e regime transitorio


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CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE II, SENTENZA 16 GENNAIO 2015, N. 18265 – PRES. IANELLI; REL. DIOTALLEVI

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Nei processi pendenti in grado di appello al momento dell’entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, l’imputato non può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova ex art. 464-bis c.p.p., non essendo prevista la possibilità di dare ingresso ad una procedura strutturalmente alternativa ad ogni tipo di giudizio su una determinata imputazione.

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< [Omissis] RITENUTO IN FATTO   L’imputato C.F. ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano il 16 settembre 2014 con la quale veniva confermata la sentenza del GIP del Tribunale di Milano del 13 aprile 2012 di condanna per i reati a lui ascritti di truffa, appropriazione indebita e altro: Chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 606, lett. b) e lett. e), deduce: a) L’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 168-bis, ter e quater c.p., e art. 464 bis c.p.p. e ss., e art. 657 c.p.p., posto che il Giudice di merito avrebbe dovuto accogliere l’istanza di messa alla prova. In particolare il ricorrente deduce che la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto inammissibile la richiesta di applicazione dell’istituto della messa alla prova in grado d’appello, in assenza di una norma transitoria, che consentisse l’applicazione del nuovo istituto introdotto con la l. n. 67 del 2014, appunto ai processi che abbiano superati i rigorosi sbarramenti previsti dall’art. 464-bis c.p. In realtà gli effetti sostanziali dell’istituto, e la conseguente applicazione dell’art. 2 c.p., comma 4, consentirebbero una applicazione retroattiva della normativa in questione, con riferimento anche alla giurisprudenza della CEDU e in particolare del principio della lex mitior, così come applicato nella sentenza della Corte di Strasburgo Scoppola contro Italia del 17 settembre 2009. Un interpretazione diversa, quale quella fatta propria dalla corte d’appello, anche in relazione a una pronuncia d ella Corte di cassazione, determinerebbe una situazione di disparità di trattamento rispetto a fatti pregressi per procedimenti pendenti, con violazione dell’art. 3 Cost. b) Entità della pena. Violazione dei criteri di computo della medesima. Il ricorrente lamenta l’eccessività della pena infittagli, in relazione al suo comportamento processuale e ai fatti commessi, in violazione dei criteri di dosimetri della medesima, con una determinazione della stessa non specifica nei vari passaggi e riferimenti ai reati contestati.   CONSIDERATO IN DIRITTO   1. Il ricorso è manifestamente infondato. Con riferimento al primo motivo di ricorso osserva il Collegio che con l’entrata in vigore della l. 28 aprile 2014, n. 67, è divenuta effettiva l’applicabilità e l’operatività delle disposizioni che disciplinano il nuovo istituto della messa alla prova. Con questo istituto il legislatore ha introdotto la sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati adulti (ed “probation”) anche nel processo e per i reati commessi da imputati maggiorenni, individuando, come si legge nella relazione una probation giudiziale nella fase [continua..]

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Fascicolo 6 - 2015