<p>Le pene sostitutive-Preziosi</p>
Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Messa alla prova: dal computo della pena massima vanno escluse le circostanze


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE, 1° SETTEMBRE 2016, N. 36272 – PRES. CANZIO; REL. FIDELBO

Ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile l’istituto della sospensione con messa in prova, il richiamo contenuto nell’art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie-base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato

> < [Omissis]   SVOLGIMENTO DEL PROCESSO   Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ancona ha rigettato la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova avanzata nell’interesse di S.B., imputata di truffa aggravata (art. 640 c.p., comma 2, n. 1), sostenendo che la fattispecie in contestazione non è ricompresa tra i reati ammessi al rito speciale, dal momento che l’art. 168 bis c.p., nel selezionare le fattispecie attraverso il criterio di quantificazione della pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, impone di considerare anche le circostanze aggravanti ad effetto speciale. Contro questo provvedimento l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, sul presupposto dell’immediata e autonoma impugnabilità dell’ordinanza di rigetto della richiesta di messa alla prova. Con il primo motivo ha dedotto la violazione dell’art. 464 quater c.p.p., rilevando un vizio nella procedura per avere il giudice acquisito il parere motivato del pubblico ministero, anziché limitarsi a “sentirlo”, così come previsto dall’art. 464 quater, comma 1. Con il secondo motivo ha denunciato l’erronea applicazione dell’art. 168 bis c.p., e il vizio di motivazione, sostenendo che, ai fini della valutazione sull’ammissibilità della richiesta di messa alla prova, il giudice deve tenere conto della sola pena edittale prevista per il reato-base, senza prendere in considerazione le circostanze aggravanti del reato. La Seconda Sezione penale, a cui il ricorso è stato assegnato, ha rilevato l’esistenza di un duplice contrasto giurisprudenziale: il primo, riguardante il profilo della autonoma impugnabilità per cassazione dell’ordinanza reiettiva della richiesta di messa alla prova; il secondo, relativo alla rilevanza delle circostanze aggravanti, previste dall’art. 63 c.p., comma 3, nella determinazione dei limiti edittali di applicabilità dell’istituto introdotto con la L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 3. Pertanto, preso atto che sul primo contrasto le Sezioni Unite erano già state investite da altra ordinanza, ha rimesso ai sensi dell’art. 618 c.p.p., la questione sul computo delle circostanze aggravanti ai fini dell’individuazione dei reati per i quali l’imputato può presentare richiesta di messa alla prova. Con decreto del 29 febbraio 2016 il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l’odierna udienza camerate.   MOTIVI DELLA DECISIONE   La questione, avente ad oggetto il rilievo delle circostanze aggravanti nei criteri di determinazione della pena, è condizionata dalla decisione dell’altra questione, pure oggetto di contrasto, di carattere preliminare, relativa all’immediata [continua..]

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