Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Litispendenza e tentativo di prevenire i conflitti internazionali di giurisdizione (di Roberto Puglisi)


Il contemporaneo interesse punitivo di più ordinamenti nazionali nei confronti di una medesima condotta criminosa può generare inutili aggravamenti per le libertà dei soggetti coinvolti oltre che probabili inefficienze dal punto di vista repressivo. Il d.lgs. n. 29/2016 introduce uno strumento per prevenire conflitti positivi internazionali di giurisdizione.

Case pending and attempt to prevent concurrent jurisdictions international conflicts

The concurrent punitive interest of different national laws against the same criminal conduct may create unnecessary aggravation of the freedom of the parties involved as well as probable inefficiencies. The d.lgs. n. 29/2016 introduces a tool to prevent international jurisdictional positive conflicts.

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LE RAGIONI DI FONDO: LA CREAZIONE DI UNO SPAZIO GIUDIZIARIO EUROPEO In via di principio, le soluzioni al problema sono diverse, a seconda del momento in cui si evidenzia la duplicazione dell’intervento giudiziario. Così, se ancora non è intervenuta una decisione da parte di nessuna autorità giudiziaria nazionale, occorre prevedere dei meccanismi di risoluzione del conflitto positivo di giurisdizioni; se, invece, già si è in presenza di un giudicato, è necessario aprire la strada al ne bis in idem con il riconoscimento delle decisioni giudiziarie straniere [1]. Nell’ipotesi di litispendenza, il vantaggio della cooperazione internazionale in ambito comunitario è duplice, consistendo sia nella minore compromissione della libera circolazione delle persone, sia nelle accresciute potenzialità di accertamento dei reati [2]. Invero, l’instaurazione di più procedimenti penali per lo stesso fatto determina un simultaneo coinvolgimento dei soggetti nelle attività giudiziarie dinanzi alle differenti autorità locali, con moltiplicazione degli impegni processuali; l’incompatibilità di un simile scenario con l’idea di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia spinge, così, alla ricerca di strumenti idonei a prevenire ipotesi di conflitto positivo di giurisdizioni onde evitare l’emissione di più decisioni su un’unica regiudicanda [3]. Oltretutto, l’eventuale proliferazione degli interessi punitivi attorno alle medesime condotte può determinare effetti pregiudizievoli travalicanti la sfera del singolo sottoposto al procedimento penale; il rischio è, infatti, quello di costringere una pluralità di soggetti (vittime e testimoni) coinvolti nel procedimento penale a una fastidiosa peregrinazione presso le diverse autorità giudiziarie nazionali. Perseguendo la libera circolazione delle persone (pietra angolare della cittadinanza dell’UE) – la cui base normativa sono gli artt. 3, par. 2, TUE, e 21 TFUE – l’UE mira a offrire uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” e, per raggiungere tale obiettivo, occorre ottimizzare l’attività giudiziaria evitando inutili duplicazioni. Appare scontato come il perseguimento di tali scopi imponga una condivisa disponibilità degli Stati a rinunciare a prerogative proprie e che, dunque, tutto dipenda dal grado di integrazione raggiunto tra i diversi ordinamenti interni [4]. In tale prospettiva, i traguardi raggiunti nella cooperazione giudiziaria europea seguono, per quanto qui interessa, le alterne vicende del principio del ne bis idem, saldamente presente nei sistemi nazionali e più difficilmente individuabile in ambito sovranazionale [5], nonostante le recenti aperture delle Corti europee. Sul fronte interno, invero, le premesse [continua..]

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Fascicolo 5 - 2016