Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le intercettazioni tra presenti mediante “captatore informatico” sono legittime nei procedimenti per delitti di criminalità organizzata


ORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE, SENTENZA 1° LUGLIO 2016, N. 26889 – PRES. CANZIO; RELROMIS

Limitatamente ai procedimenti per delitti di criminalità organizzata, è consentita l’intercettazione di conversazioni e comunicazioni tra presenti, mediante l’installazione di un “captatore informatico” in dispositivi elettronici portatili (quali personal computer, tabletsnartphone ecc.), anche nei luoghi di privata dimora ex art. 614 c.p., pure non singolarmente individuati ed anche se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa.

 

In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ai fini dell’applicazione della disciplina derogatoria delle norme codicistiche prevista dall’art. 13 del d.l. n. 152 del 1991, convertito dalla legge n. 203 del 1991, per procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata devono intendersi quelli comunque elencati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. procpennonché quelli comunque facenti capo ad un’associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato.

[Omissis]   SVOLGIMENTO DEL PROCESSO   1. Con ordinanza in data 8 gennaio 2016, il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento con cui il G.i.p. aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di S.L. in relazione alla partecipazione all’associazione di tipo mafioso denominata “cosa nostra” (capo a) e ad un episodio di tentativo di estorsione aggravata. I giudici del riesame hanno ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato sulla base di una serie di intercettazioni, anche ambientali, e delle dichiarazioni accusatorle dl due collaboratori di giustizia, C.F. e G. D., dalle quali era emerso che l’indagato, molto vicino a C.P. – divenuto reggente del mandamento di Porta Nuova dopo l’arresto di L.P.T. – si occupava della gestione delle estorsioni e del traffico di stupefacenti, spesso facendo da intermediario tra lo stesso C. e M.T., moglie del L.P.. Per quanto riguarda l’altro reato, il Tribunale, dopo avere dichiarato l’inutilizzabilità delle intercettazioni effettuate mediante apparecchio body phone, perché in uso a persona diversa rispetto a quella indicata nel decreto, ha tuttavia ritenuto sussistenti gli elementi indiziari in merito al concorso dello S. nell’estorsione gestita dal coindagato G.F. P., giudicato separatamente. 2. Il difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo le censure di seguito sintetizzate. L’ordinanza impugnata viene innanzitutto censurata per vizio di motivazione ed erronea applicazione dell’art. 273 c.p.p. con riferimento alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo, desunti unicamente in base ai risultati delle intercettazioni telefoniche e ambientali, che, peraltro, non risulterebbero suffragati dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Inoltre, viene dedotta l’illegittimità del decreto n. 315/14, con cui il G.i.p. ha autorizzato “le operazioni di intercettazione di tipo ambientale tra presenti che avverranno nei luoghi in cui si trova il dispositivo elettronico in uso a L.P.T.”, nonché l’inutilizzabilità dei risultati relativi a tali captazioni per violazione dell’art. 15 Cost., 8 CEDU, art. 266 c.p.p., comma 2, e art. 271 c.p.p.. In particolare, il ricorrente dopo aver premesso che l’intercettazione è avvenuta per mezzo di un “virus auto-installante” attivato su un apparecchio elettronico portatile in uso a L.P.T., ovunque lo stesso si trovasse, ha rilevato come nella specie sia stato eluso il divieto posto dall’art. 266 c.p.p., comma 2, di effettuare Intercettazioni all’interno di abitazioni private, a meno che all’interno di esse non si stia svolgendo [continua..]

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Fascicolo 5 - 2016