Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Indagini integrative e poteri officiosi del giudice dibattimentale (di Giulio Garuti)


È da tempo, ormai, che si assiste a derive giurisprudenziali che, in diversi ambiti del processo penale, sono pervenute all’elisione del principio di legalità. Nonostante le critiche della maggior parte della dottrina nei confronti di questa modalità operativa e gli esiti assai discutibili ai quali essa è pervenuta, il fenomeno non stenta ad arrestarsi, avendo dato viceversa luogo a provvedimenti normativi in linea con i risultati ai quali la giurisprudenza è giunta. In questo contesto, anche l’ambito operativo delle indagini integrative è stato fortemente dilatato e la funzione essenziale delle stesse travisata; così come il rapporto esistente tra le indagini integrative e i poteri officiosi del giudice del dibattimento vuoi di primo vuoi di secondo grado.

Complementary Investigative Activities and Trial Judge's Ex Officio Powers

For a long time now, we have been witnessing drifts in case law that have brought to the elision of rule of law throughout criminal proceedings. Nor does the above-mentioned phenomenon come to a halt, despite most scholars’ criticism and the fact that it has been producing highly questionable results, having actually led to normative measures consistent with that case law. In this context, even the operating area of complementary investigative activities has been considerably extended and their purpose itself often mistaken, as well as the relation between complementary investigative activities and ex officio powers of trial judge both during the first-instance trial and on appeal.

 
LEGALITÀ E PROCESSO PENALE: UN CENNO In generale, ogniqualvolta ci si riferisce alla legalità processuale, non pare corretto ridurre la portata applicativa di tale principio unicamente ai valori costituzionali etichettati come “giusto processo”. Il processo, infatti, può essere ritenuto “giusto” unicamente qualora provveda a dare attuazione, in ogni suo momento, ai principi costituzionali, non potendo esistere una forma processuale legittima che non sottenda valori costituzionali, dal diritto di difesa al diritto alla libertà personale, a qualsiasi altro diritto costituzionalmente protetto. In quest’ottica, non possiamo allora evitare di sottolineare – in accordo con attenta dottrina – come il “vincolo alla legalità processuale” non sia spiegabile mediante l’antitesi forma/sostanza, in quanto le forme processuali rappresentano la legalità processuale e in mancanza di esse non possiamo più dire di essere nel campo del diritto, non essendovi più un processo ritenuto come concatenazione di atti, collegati tra loro, in modo da rappresentare l’uno la conseguenza di quello che lo precede e il presupposto di quello che lo segue, ma soltanto un processo inteso come «puro atto politico» destinato all’ammini­strazione della giustizia [1]. Così intesa, la procedura penale – di diretta derivazione costituzionale – deve rappresentare un sistema destinato ad arginare il potere del magistrato e non qualcosa che possa essere manipolato dal potere di quest’ultimo mediante interpretazioni non vincolanti, in ragione unicamente del risultato che intende raggiungere con il compimento di quello specifico atto processuale. La legalità del processo è da sempre l’unico baluardo in grado di proteggere l’imputato di fronte al­l’autorità e non nasce certamente con la riforma dell’art. 111 Cost., essendo essa già regolata da quella che possiamo definire la disciplina costituzionale del processo, ovvero dagli artt. 25, comma 1, sul giudice, 112 in tema di azione, 13 e 27, comma 2, sulla custodia cautelare e i suoi fini, 14 e 15 in relazione agli atti incidenti sulla libertà di domicilio e di comunicazione, 101, comma 2, con riferimento alla soggezione della magistratura alla sola legge. Paradossalmente, la cultura delle garanzie sopra richiamate è venuta meno nel momento in cui è stato costituzionalizzato il “giusto processo” e invece di rafforzarsi con questo ulteriore inserimento nella Carta costituzionale, detta cultura ha in concreto limitato il proprio ambito operativo al nucleo minimo del “giusto processo”, «oltre il quale il riconoscimento di forme e garanzie deve venire a patti con la ragionevole durata del processo che diviene così valore superiore nell’improprio [continua..]

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Fascicolo 2 - 2018