Con la sentenza in commento la Suprema Corte conferma la natura trasversale del principio di proporzionalità in materia di diritto delle prove, affermandone la vigenza anche con riferimento al sequestro di tipo probatorio. Per tale ragione, la motivazione del provvedimento deve dimostrare che le esigenze di accertamento del fatto non possano essere perseguite se non attraverso il sequestro, da evitare nel caso in cui, per raggiungere il medesimo fine, sia possibile ricorrere a strumenti processuali meno invasivi e, in particolare, non limitativi del diritto di disporre del bene.
With the sentence in question, the Supreme Court confirms the transversal nature of the proportionality rule in evidence law, affirming its validity to secure evidence. So, the measure motivation needs to prove that the fact cannot be pursued except by seizure, to be avoided in the event that, to achieve the same purpose, it is possible to use instruments less invasive and, in particular, non-limiting procedures for the right to dispose of the asset.
La questione - Il principio di proporzionalità nel diritto processuale penale - Il sequestro probatorio di natura informatica - Considerazioni conclusive - NOTE
La vicenda ha origine da una perquisizione locale eseguita in data 13 novembre 2018 nei confronti di un ex dipendente di MIB Italia s.p.a. (S.M.) –indagato per accesso abusivo ad un sistema informatico, rivelazione di segreto industriale e corruzione tra privati– all’esito della quale gli inquirenti hanno sottoposto a sequestro probatorio un disco fisso ed un pc portatile. Con ordinanza del 16 gennaio 2019, il Tribunale della libertà di Venezia ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall’indagato, ritenendo evidenti le ragioni probatorie sottese alla perquisizione ed al sequestro, ben potendosi ritenere, sostiene il Tribunale, che dall’analisi dei supporti informatici in uso al S.M. possano emergere elementi dai quali potrà essere confermata o sconfessata l’ipotesi accusatoria. Avverso tale ordinanza, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, per quanto più di specifico interesse in questa sede, il difetto assoluto di motivazione. In particolare, il ricorrente ha rilevato l’omissione, nel decreto di perquisizione e contestuale sequestro, della indicazione della finalità probatoria del provvedimento. La Suprema corte ha accolto il ricorso, ritenendo che nel caso di specie fosse stato violato il principio di proporzionalità: secondo i giudici di legittimità, nel decreto del pubblico ministero non solo non risulta descritto con la necessaria specificità il fatto contestato, ma difetta qualsivoglia esplicitazione delle finalità probatorie sottese all’apprensione dei reperti e dell’impossibilità di pervenire alla dimostrazione del fatto attraverso altri e diversi strumenti.
Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, «il decreto di sequestro probatorio –così come il decreto di convalida– anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti» [1]. Il nostro sistema processuale, infatti, non consente «automatismi di auto evidenza giustificativa»: a prescindere dal fatto che l’apprensione riguardi il corpo del reato o la cosa pertinente al reato, l’onere motivazionale calibrato sulle finalità probatorie è indefettibile, pena la illegittimità della misura ablatoria [2]. L’indefettibilità della motivazione deriva dal principio di proporzionalità: solo motivando il provvedimento è possibile dare conto dell’avvenuto bilanciamento tra la misura adottata e l’esigenza perseguita. Il principio di proporzionalità, da misurarsi alla luce del parametro tripartito della idoneità, necessità e giustificabilità [3], nasce in ambito continentale e, in particolare, nella tradizione giuridica tedesca, e si può tradurre, in via di prima approssimazione, nel divieto per i pubblici poteri di utilizzare strumenti restrittivi dei diritti individuali del cittadino oltre quanto sia strettamente necessario per la realizzazione dell’interesse perseguito dalla restrizione medesima [4]. Comparso originariamente nell’ambito del diritto amministrativo prussiano, il giudizio di proporzionalità ha interessato ben presto anche gli altri rami del diritto tedesco ed ha ottenuto un particolare successo nel diritto pubblico, quale canone interpretativo nei giudizi di legittimità costituzionale relativi alla tutela dei diritti fondamentali e al loro bilanciamento [5]. La diffusione di tale principio in molti Stati dell’Europa occidentale, compreso il nostro, si deve all’opera ermeneutica delle Corti europee di Strasburgo e di Lussemburgo, le quali, seppur con i dovuti accorgimenti, hanno fatto ampia applicazione di tale criterio. Nonostante le sue antiche origini, il principio di proporzionalità si presta a fungere da “metavalore” nell’ermeneutica che caratterizza l’evoluzione giuridica moderna, contraddistinta sempre di più da un [continua ..]
Il principio di proporzionalità trova applicazione anche in materia di sequestro probatorio, soprattutto qualora tale strumento abbia ad oggetto documenti informatici. In quest’ultimo caso, infatti, la ragionevolezza del provvedimento è imposta dalla enorme ed eterogenea quantità di dati ed informazioni che possono essere oggetto di copia forense. Mentre con riferimento al sequestro di una res materiale è facile rispettare i canoni della ragionevolezza, poiché la riconducibilità della cosa al fatto oggetto di accertamento appare ictu oculi, relativamente alla prova informatica il discorso si complica notevolmente. Le indagini informatiche, infatti, si differenziano nettamente dalle indagini tradizionali per almeno tre caratteristiche fondamentali che, da un lato (quello investigativo), consentono alle prime di realizzare un vero e proprio salto di qualità rispetto alle seconde e, dall’altro (quello della difesa), sono la causa del difficile bilanciamento tra esigenze pubblicistiche di accertamento del reato e tutela individuale dei diritti fondamentali coinvolti in tale pur doveroso accertamento. Tali peculiarità distintive possono essere così riassunte: promiscuità dei dati; impossibilità di un accesso selettivo al sistema informatico; refrattarietà dell’oggetto materiale dell’indagine, ossia uno spazio (informatico) globale, a qualsiasi tipo di limitazione. Quanto alla prima caratteristica, i sistemi informatici sono strutture complesse che contengono una pluralità eterogenea di dati, consistenti in informazioni di diversa natura, in grado di circolare con estrema rapidità e facilità, prive di una dimensione fisica e duplicabili su più supporti. In particolare, insieme ai dati rilevanti ai fini delle investigazioni, mediante le indagini informatiche spesso ci si imbatte non solo in dati irrilevanti, ma anche in dati e informazioni qualificabili come "sensibili" ai sensi della normativa in tema di privacy [15], ossia «dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la [continua ..]
Nelle indagini informatiche, la tradizionale tensione tra esigenze di garanzia individuali ed esigenze di difesa sociale appare in tutta la sua intensità: la promiscuità dei dati, l’impossibilità tecnica di un accesso selettivo al sistema informatico, il rischio sempre presente che queste indagini si trasformino in attività esplorative, lo spazio informatico ontologicamente globale e refrattario a qualsiasi limitazione nazionale fanno delle investigazioni informatiche la forma di indagine più insidiosa che esista. Seguendo l’esempio della Corte costituzionale tedesca [21], la soluzione deve passare attraverso un necessario bilanciamento tra i beni giuridici in gioco, realizzato attraverso una rigorosa applicazione del principio di proporzionalità.