È costituzionalmente illegittimo l’art. 2-bis della legge 13 giugno 1990, n. 146, nella parte in cui consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati adottato in data 4 aprile 2007 dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA) e da altre associazioni categoriali (UCPI, ANF, AIGA, UNCC), valutato idoneo dalla Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali con delibera n. 07/749 del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 2008, nel regolare, all’art. 4, comma 1, lett. b), l’astensione degli avvocati nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare, interferisca con la disciplina della libertà personale dell’imputato. Interferenza ravvisabile nella previsione secondo cui l’imputato sottoposto a custodia cautelare può richiedere, o no, in forma espressa, di procedere malgrado l’astensione del suo difensore, con l’effetto di determinare, o meno, la sospensione, e quindi il prolungamento, dei termini massimi (di fase) di custodia cautelare, con conseguente lesione della riserva di legge posta dall’art. 13, comma 5, Cost.
> < [Omissis] RITENUTO IN FATTO 1.– Il Tribunale ordinario di Reggio Emilia, con ordinanza del 23 maggio 2017 (r.o. n. 75 del 2018), ha sollevato, in riferimento agli artt. 1,3,13,24,27,70,97,102 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2-bis della legge 13 giugno 1990, n. 146 (Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge), nella parte in cui consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati (valutato idoneo dalla Commissione di garanzia con delibera n. 07/749 del 13 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 2008) stabilisca (art. 4, comma 1, lettera b) che nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare o di detenzione, analogamente a quanto previsto dall’art. 420-ter, comma 5, del codice di procedura penale, si proceda malgrado l’astensione del difensore solo ove l’imputato lo consenta. Il rimettente – premesso che innanzi a sé si sta celebrando un processo con centocinquanta imputati per il reato di associazione per delinquere «di stampo ‘ndranghetistico» e di molteplici reati fine – riferisce che all’udienza del 23 maggio tutti i difensori, con il consenso degli imputati in stato di custodia cautelare in carcere, hanno aderito all’astensione proclamata dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA). Il tribunale ordinario dà atto di aver – in una precedente analoga occasione – investito la Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali (da ora: la Commissione) perché si pronunciasse su una serie di temi; in particolare, se il rinvio dell’udienza – sulla base della previsione del codice di autoregolamentazione che consente agli avvocati di dare corso alla dichiarazione di astensione in un processo con rilevante numero di imputati detenuti (oltre venti), in qualche caso sottoposti al regime di cui all’art. 41-bis della legge 26 aprile 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), là dove gli imputati prestino il consenso all’iniziativa dei propri difensori – presenti profili da sottoporre in via preliminare all’autonoma valutazione della Commissione affinché la stessa possa rivalutare il consenso dato al codice di autoregolamentazione, sulla base degli strumenti e delle forme che alla stessa Commissione sono conferiti dalla legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Il rimettente – dopo aver esaminato la normativa risultante dalla disposizione censurata (art. 2-bis della legge n. 146 del [continua..]