Profili sostanziali della confisca di prevenzione
La l. n. 161 del 2017 ha modificato la disciplina della confisca di prevenzione prevista dal Codice antimafia, estendendo le ipotesi di confisca per equivalente, aumentando il numero, già notevole, dei reati presupposto e inserendo la regola di esclusione probatoria in materia di proventi da evasione fiscale. Ne consegue un’evidente frattura del nesso di pertinenzialità tra il reato “indiziato” e il bene “pericoloso” inciso dalla misura che, trasfigurata nella struttura e nella funzione, è ormai assimilabile ad una sanzione penale.
> <
Substantive criminal law profiles of the preventive confiscation
The law n. 161/2017 has amended the rules of the preventive confiscation provided in the Antimafia Code by extending the cases of equivalent value confiscation, increasing the already considerable amount of predicate offences, as well as by adding the rule of evidential exclusion in respect of tax evasion revenues. This law measure provides a relevant fracture of the link of pertinence between the “suspected” crime and the “hazardous” good, which in terms of structure and function is currently comparable to a criminal penalty.
PREMESSA
La riforma del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) attuata con la l. 17 ottobre 2017, n. 161 vede le misure di prevenzione patrimoniali giocare un ruolo di primo piano.
Il robusto intervento novellistico operato in materia, ignorando disinvoltamente i (timidi) moniti della CEDU in materia di misure di prevenzione personali [1], ha assecondato l’evoluzione che nell’ultimo quarto di secolo ha determinato un deragliamento teleologico delle misure preventive patrimoniali in genere e soprattutto, per quanto qui interessa, ha trasfigurato gradualmente ma inesorabilmente il volto della confisca di prevenzione.
L’istituto, oggi previsto dall’art. 24, d.lgs. 159 del 2011, era originariamente estraneo al corpus normativo della prevenzione ante delictum e solo nel 1982, con la legge Rognoni-La Torre (l. n. 646 del 1982), fece il suo ingresso sullo scenario delle misure di prevenzione, giocandovi però in un primo tempo solo un ruolo da comprimario. In precedenza, l’art. 19 della l. 22 maggio 1975, n. 152, aveva già prodotto lo sganciamento delle misure di prevenzione dalla sola criminalità mafiosa e l’estensione delle stesse a tutte le forme di pericolosità. Successivamente, con la l. 19 marzo 1990, n. 55, l’applicazione delle misure preventive patrimoniali diventò possibile anche in caso di assenza, residenza o dimora all’estero del proposto. Fu infine la l. 15 luglio 2009, n. 94, con la modifica dell’art. 2-bis, comma 6-bis, l. n. 575 del 1965, a sancire il principio di reciproca autonomia tra le misure personali e patrimoniali, consentendo l’irrogazione della confisca anche in caso di rigetto della richiesta di misure di prevenzione personali per assenza del requisito dell’attualità della pericolosità del proposto [2].
Seguendo tale evoluzione è agevole constatare come le misure patrimoniali previste dal codice antimafia abbiano progressivamente modificato la loro formale natura “preventiva” rispetto alla commissione di futuri reati per acquisire una diversa duplice funzione: da un lato, infatti, tendono ormai in primo luogo ad impedire l’inquinamento del tessuto economico da parte di capitali illecitamente acquisiti attraverso reati che si assumono già commessi; dall’altro, esercitano un’efficacia deterrente [3] − propria delle sanzioni penali in senso stretto − perché, colpendo beni che sono solo sospettati di avere un’origine criminosa e risorse che si presumono derivanti dalla trasformazione dell’originario provento del reato, mirano a vanificare lo scopo preminente delle attività mafiose e, in generale, della criminalità da profitto, costituito proprio dall’accaparramento di ricchezza [continua..]