Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Fermo restando: l'art. 41-bis ord. penit. tra il gerundio della legislazione e l'imperativo dell'amministrazione (di Carlo Fiorio)


Timori elettorali e mai sopite tensioni securitarie impediscono, ancora una volta, una riflessione seria sulla Guantanamo italiana. A distanza di venticinque anni dalla sua introduzione normativa è opportuna una rimeditazione dell’art. 41-bis ord. penit., le cui dinamiche consentono al potere esecutivo di limitare la libertà personale, sconfinando in un settore costituzionalmente riservato alla giurisdizione.

Without prejudice: Art. 41-bis ord. penit. between the gerund of the legislation and the imperative of the government

Electoral fears and never ceased tensions prevent, once again, a serious thinking on the Italian Guantanamo. Twenty-five years after its legislative introduction, it is opportune to redraft the art. 41-bis ord. penit., whose dynamics allow the executive power to limit personal freedom, encroaching on a sector constitutionally reserved to the jurisdiction.

 
CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE Ad oltre venticinque anni dalla “controriforma” penitenziaria [1], compendiata nell’introduzione degli artt. 4-bis e 41-bis, comma 2, ord. penit., la sorte delle norme “gemelle” si è diversificata: mentre la prima, oggetto di un’epocale delega legislativa (art. 1, comma 85, l. 23 giugno 2017, n. 107), è stata parzialmente modificata dal Consiglio dei Ministri ed aleggia in un limbo pre-elettorale, la seconda rivendica uno status singolare, sostanzialmente immune dagli interventi giurisdizionali [2] e refrattario sia alle critiche sovranazionali, sia agli aneliti riformatori. Relativamente al primo aspetto, la peculiare configurazione del regime dei controlli, caratterizzante la riforma del 2009, non solo ha tentato di privare il ministro del fisiologico potere di revoca [3], ma ha concentrato addirittura nel tribunale di sorveglianza capitolino, a guisa di giudice speciale, la competenza a decidere i reclami avverso i decreti ministeriali istitutivi e quelli di proroga. Quanto, alla visibilità internazionale, il nostrano “41-bis”, pur essendo una vecchia conoscenza sia del C.P.T. [4] che dell’ONU [5], è stato sistematicamente “graziato” dai giudici interni anche sulla scorta di paralogismi difficilmente giustificabili [6]. Infine, le tendenze riformatrici, ispirate dal Rapporto sul regime detentivo speciale, presentato nella passata Legislatura dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani e sottese ai Lavori del Tavolo 2 degli Stati generali sull’esecuzione penale [7], si sono arenate sul veto del legislatore delegante che, nel corso della navette parlamentare della l. n. 107 del 2017, ha espressamente [8] abdicato a qualsivoglia prospettiva riformatrice nei confronti del regime carcerario speciale e, più in generale (art. 85, comma 1, lett. b) ed e) «per i casi di eccezionale gravità e pericolosità specificatamente individuati e comunque per le condanne per i delitti di mafia e terrorismo anche internazionale» (lett. e). Rimane il potere esecutivo, che draga la sentina  dell’art. 41-bis con regolamentazioni di misero livello nella gerarchia delle fonti, quali, appunto, le circolari del DAP. Dopo un ventennio di provvedimenti amministrativi aventi per oggetto i più svariati profili del quotidiano “41” [9], il D.A.P. ha recentemente (2 ottobre 2017) emanato la circolare n. 3676/6126 [10], la quale, nel dichiarato intento di uniformare l’applicazione del regime carcerario speciale all’interno dei vari istituti, ha abrogato (art. 37) «ogni vigente circolare non espressamente richiamata» nella “novella”. Il provvedimento esordisce in maniera alquanto ambigua, [continua..]

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Fascicolo 2 - 2018