Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Emendabile in esecuzione l'indennità della pena accessoria


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE, SENTENZA 12 FEBBRAIO 2015, N. 6240 – PRES. SANTACROCE; REL. AMORESANO

L’applicazione di una pena accessoria extra o contra legem da parte del giudice della cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell’esecuzione, purché essa sia determinata per legge (o determinabile, senza alcuna discrezionalità) nella specie e nella durata, e non derivi da un errore valutativo del giudice della cognizione.

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< [Omissis]   RITENUTO IN FATTO   1. Con ordinanza in data 17 settembre 2013, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da B.A., diretta ad ottenere la rideterminazione della pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici, applicatagli con la sentenza del 21 febbraio 2007 del Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Roma, irrevocabile il 26 ottobre 2011, in quella della interdizione temporanea. Nel motivare il provvedimen4to ha rilevato il G.i.p. che: – l’istante era stato condannato, all’esito di giudizio abbreviato, per i delitti di cui agli artt. 609-bis, 317 e 527 c.p., alla pena complessiva di anni tre di reclusione così determinata: pena-base per il reato più grave, individuato nel delitto di cui all’art. 609-bis c.p., anni sei di reclusione, ridotti ad anni quattro e mesi cinque per le concesse circostanze attenuanti generiche, aumentati ad anni quattro e mesi sei a titolo di continuazione per i rimanenti reati, senza ripartizione della pena tra gli stessi, e ridotti, infine, alla indicata pena finale per l’applicazione della diminuente per la scelta del rito, con la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici; – ai fini dell’applicazione della detta pena accessoria si doveva tener conto della pena principale irrogata in concreto, come risultante a seguito della diminuzione effettuata per la scelta del rito; – la condanna per il reato di cui all’art. 317 c.p. comportava, ai sensi dell’art. 317-bis c.p., l’interdizio­ne perpetua dai pubblici uffici; mentre conseguiva quella temporanea se per circostanze attenuanti veniva inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni; – la durata della pena accessoria temporanea, non espressamente determinata dalla legge per il reato di riferimento, aveva una durata uguale a quella della pena principale inflitta, alla stregua della previsione dell’art. 37 c.p.; – nella specie, mentre per il reato di cui all’art. 609-bis c.p., individuato come reato più grave, la cui pena, ridotta per la diminuente del rito, era inferiore a tre anni di reclusione, non era prevista l’applicazione della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per cinque anni (artt. 28 e 29 c.p.), l’omessa determinazione, a opera del giudice della cognizione, della pena principale da irrogarsi per il reato di cui all’art. 317 c.p. non consentiva di stabilire “in astratto” la durata perpetua o temporanea della pena accessoria, né di parametrare la seconda alla pena principale; – l’intervento sulla pena accessoria in sede esecutiva, ammesso da parte della giurisprudenza di legittimità, richiedeva, anche ove condiviso, la predeterminazione per legge della stessa nella specie [continua..]

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Fascicolo 4 - 2015